martedì 21 giugno 2016

Corriere 21.6.16
Ma la sinistra si divide sul doppio ruolo del leader
Speranza chiede un passo indietro dalla guida del partito: non fa bene neanche a lui. No di Cuperlo
di Alessandro Trocino

ROMA Era scritto che la fragile tregua durasse fino alle elezioni: il redde rationem è stato fissato per venerdì, con una Direzione che si annuncia rovente. Matteo Renzi sembra aver chiuso la porta a modifiche della legge elettorale, l’Italicum. Circostanza che non farà che aumentare l’insofferenza della minoranza del Pd. Anzi, delle minoranze, visto che l’opposizione a Renzi è frastagliata e con ricette molto diverse tra loro.
Una parte della minoranza pone con forza il tema del doppio incarico di Matteo Renzi, che è insieme segretario del Pd e premier. Roberto Speranza spiega che questa situazione «non funziona: non fa bene al partito e non lo aiuta». Ancora più esplicito Davide Zoggia: «Dopo lo tsunami del voto, Renzi lasci la segreteria». Opinione condivisa da molti, ma non da tutti.
Per l’ex popolare Gero Grassi, per esempio, «il tema non è il doppio incarico, ma chi pensa di gestire un partito attraverso malcelati protettorati e linee di fedeltà personali». Interviene anche Arturo Parisi: «La leadership deve essere unica e unitaria». Gianni Cuperlo la vede in maniera ancora diversa. Neanche lui chiede le dimissioni di Renzi dal partito. Anzi: «Non mi convince la sicurezza che porta alcuni a chiedere come primo atto la distinzione tra la carica di segretario e quella di premier». Analisi che non lo porta a risparmiare comunque accuse al premier, presentato come un «Wile Coyote che architetta delle trappole micidiali delle quali finisce puntualmente vittima».
Il punto per Cuperlo è «la linea politica». Rivendica il campo aperto con la sinistra a Milano, sottolinea il distacco tra politica e società e contesta gli eccessi di «marketing» politico: «Il No Imu day a due giorni del ballottaggio è un’idea quasi dadaista. Spero che non sia venuta al guru Jim Messina: mandiamolo a lavorare con Trump, tanto sbagliamo da soli».
Di malessere nel Pd ce n’è da vendere. Echeggiano in molte dichiarazioni frasi già sentite a mezza voce nei mesi scorsi e ora pienamente in superficie. Sergio Lo Giudice contesta «l’uomo solo al comando» e «l’arroganza dei modi»; Ignazio Marino si prende la sua rivincita, parlando di una «strategia eutanasica» del Pd. Cesare Damiano invita Renzi a usare il «lanciafiamme» verso gli «incompetenti». Avanza la tentazione di logorare Renzi e di riprendersi il partito. Sullo sfondo il referendum. Se non verranno accettate modifiche all’Italicum, alcuni esponenti della minoranza sono pronti non solo a votare contro il referendum, ma a promuovere comitati per il no.