La Stampa 21.6.16
Il lanciafiamme e l’appendino
di Massimo Gramellini
Ti
candidi alla segreteria del partito e hai tutti contro, tranne i
dispari e gli anarchici. Perdi, ma è come se avessi vinto. Infatti
l’anno dopo vinci tu. Ti lasci riempire dalle speranze che hai
suscitato: la meritocrazia, l’innovazione, la rottamazione degli
apparati. In virtù della carica rivoluzionaria che emani, ti perdonano
l’aria furbetta e persino lo sgambetto a Letta, indispensabile per
conquistare il governo in tempo utile a vincere le Europee. Adesso puoi
fare quello che hai promesso, magari andare alle elezioni e
stravincerle. Invece ti impantani nei riti di Palazzo con gli Alfano e i
Verdini e ti circondi, Boschi a parte, di esecutori mediocri e
ruffiani. Allontani i liberi pensatori e li sostituisci - anche nei
media - con falsi amici che fino a ieri stendevano stuoie a Bersani e
domani le spolvereranno per Di Maio. A Palazzo Chigi hai due
sottosegretari: Del Rio l’anima bianca e Lotti l’anima nera. Fai fuori
l’anima bianca. Perdi contatto col mondo reale, vai solo dove sei sicuro
di prendere applausi, ma i fischi ti raggiungono anche lì.
Prometti
che tornerai quello di prima, però in Campania sostieni vecchi arnesi
alla De Luca, mentre a Roma costringi alle dimissioni Marino - un
atipico, come eri tu - e ovunque sposti a destra il partito senza
intercettare i voti di destra. Ti aggrappi ossessivamente a un
referendum sulle regole del gioco, anziché combattere l’oligarchia
finanziaria che impoverisce i tuoi elettori. Perdi Roma, Torino e il tuo
senso in questa storia. Ma puoi ancora ritrovarlo, se invece del
lanciafiamme prenderai qualche appendino. In giro ce ne sono tanti e una
volta piacevano anche a te.