martedì 21 giugno 2016

La Stampa 21.6.16
Banche spaventate da Podemos
“Se vincono sarà recessione”
di Francesco Olivo

La doppietta potrebbe essere micidiale: giovedì il voto sulla Brexit, domenica le elezioni politiche in Spagna. Vicende diverse per forma e sostanza, che mischiate potrebbero avere effetti importanti sull’economia. E se gli ultimi sondaggi cominciano a rassicurare sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Ue, a Madrid gli scenari sono molto incerti. La lettura degli ultime rilevazioni pubblicate (poi è scattato il divieto) consegna una prospettiva a dir poco frammentata. Nessuno si avvicina alla maggioranza assoluta e i quattro partiti principali rifiutano (con poche eccezioni) di dialogare. Da domenica sera saranno tutti costretti ad atteggiamenti più morbidi, ma nel frattempo l’incertezza fa paura ai mercati. Lo scenario più probabile, a dar retta a molti analisti finanziari, è un governo progressista, guidato da Podemos. Gli ex indignados sono nettamente sopra ai socialisti secondo tutti i sondaggi (grazie all’alleanza con i neo comunisti di Iziquierda Unida) e, se la somma tra le due forze di sinistra si avvicinasse alla maggioranza assoluta dei seggi, a quel punto Pablo Iglesias, il leader con il codino, potrebbe diventare premier. La prospettiva, che oggi pare di complicata realizzazione, spaventa le banche: la sinistra radicale al potere nella quarta economia dell’Eurozona.
Ieri il quotidiano El Mundo, non tenero con gli ex indignados, svelava una serie di lettere inviate da istituti finanziari ad azionisti e investitori per descrivere il panorama spagnolo. La banca americana Morgan Stanley, ad esempio, si mostra allarmata: «Se Podemos dovesse ottenere un buon risultato o persino arrivare al governo l’economia spagnola potrebbe virare verso la recessione». Un dossier di Unicredit, secondo El Mundo, scommette su una grande coalizione, auspicata anche dalla Commissione Ue «per avere in Spagna un interlocutore che si impegni a sistemare i suoi conti». Nel suo programma elettorale Podemos non sembra tener conto dei tagli che l’Europa pretende (8 miliardi di euro) per rientrare nei parametri. Anzi, sono previsti 60 miliardi di spesa pubblica, finanziata dal recupero dell’evasione fiscale. Nemmeno gli altri partiti, a dirla tutta, sembrano tenere in conto i compiti a casa assegnati da Bruxelles.
Il dibattito sembra, in forma attenuata, quello vissuto nei giorni delle elezioni greche: «Ma c’è una differenza sostanziale - spiega l’economista José Carlos Díez - Syriza sfiorava da sola la maggioranza assoluta, mentre qui, se Podemos dovesse andare al governo, lo farà con una coalizione. Quindi le sue proposte saranno negoziate».
«Il problema non è di per sé il programma elettorale di Podemos - aggiunge Xavier Vidal-Folch, editorialista economico ed ex vicedirettore del quotidiano El País - ma la vera natura di quel partito. Hanno cambiato posizioni molto volte, prima volevano le nazionalizzazioni, sostenevano che non si dovesse pagare il debito, erano insomma degli antisistema. Ora sono su posizioni a metà tra peronismo e socialdemocrazia. E questa incertezza spaventa gli investitori più di ogni altra cosa».