lunedì 20 giugno 2016

La Stampa 20.6.16
Virginia lancia la sfida M5S per Palazzo Chigi
ma prima deve domare il Campidoglio
Nel Movimento si delinea uno scontro al femminile con le rivali Lombardi e Virgulti
di Jacopo Iacoboni

Virginia Raggi non ha vinto, ha stravinto. Il che da oggi la carica di una forza politica ma anche di una responsabilità doppia: è da Roma che, dice Beppe Grillo, «partiremo per conquistare Palazzo Chigi, stiamo facendo la storia d’Italia». Governare Roma non significa solo governare Roma, significa incarnare, agli occhi di milioni di italiani, l’altra opzione possibile rispetto a Matteo Renzi. Naturalmente, per dare l’assalto a Palazzo Chigi e a Renzi prima bisogna governare bene Roma, o comunque anche solo governarla senza esser travolti dal disastro amministrativo e dalla condizione fallimentare del Campidoglio. Roma è la ribalta più grande, ma anche l’insidia terminale. La Raggi diventa fondamentale per fornire la prova che il Movimento sa essere qualcosa di governo, e non solo di protesta. Il no euro? È già andato in soffitta. I soldi pubblici? Vengono già ampiamente usati, dai cinque stelle. Il divieto di doppio mandato? Chissà se resterà in piedi. La squadra di governo? Se Raggi metterà un tecnico al bilancio, Di Maio è mesi che sparge rassicurazioni in giro che, in un loro governo, all’Economia e agli Esteri andrebbero due grand commis, non due no euro. Grillo vince perché in un certo senso ha perso: vince nel momento in cui i suoi ragazzi hanno messo in soffitta lui e il M5S originario.
La prima domanda allora è: quanto Virginia sarà autonoma, dal direttorio, dalla Casaleggio, e dal fronte vasto (anche se ai più ignoto) dei suoi oppositori interni dentro il Movimento, quelli che vogliono condizionarla, o abbracciarla per condizionarla? L’ascesa della Raggi è stata politicamente il frutto di un appeasement, dentro il M5S romano: da una parte gli attivisti delle origini, quelli che hanno dato anima e corpo al Movimento quando non era niente, animandone i meet up, i forum (che all’inizio erano due, ora praticamente zero), e sono stati progressivamente rasi al suolo dall’altro fronte, quello che a Roma è da sempre incarnato dalla capa romana, Roberta Lombardi, molto legata alla Casaleggio, dotata di un rapporto personale con Beppe Grillo, in buon rapporto con Luigi Di Maio, ma ultimamente oscurata dall’ascesa di Virginia. La Lombardi per ora ha abbozzato, ha accettato di portare l’acqua alla campagna elettorale della Raggi, ma sappiamo che è pronta - alle prime difficoltà della sindaca - a muoverle contro per aprirsi più potere possibile in questa dialettica. Con la prima sindaca donna di Roma, si delinea anche una guerra tra donne. La Lombardi non ha puntato i piedi sulla giunta, non ha chiesto nomi suoi - anche se l’inserimento di Marcello De Vito pare un pegno politico che la Raggi dovrà pagare. In questa fase la ex faraona cercherà di imporre nomine di seconda linea, ma più operative: non gli assessori, ma i direttori, i capi dipartimento, le Asl, la polizia municipale, l’Atac o l’Ama. Il vero sottopotere romano. La prima volta che vedremo come il Movimento gestirà il nodo annoso di Roma, le clientele.
In campagna elettorale, per bilanciare alcune vicende che la ricollegavano al mondo della destra romana - gli studi legali Previti e Sammarco - la Raggi ha scelto diversi assessori pescandoli nel mondo della sinistra romana, dall’urbanista Paolo Berdini a Paola Muraro, all’assessore alla cultura Luca Bergamo. C’è tanta fetta di Movimento che non è entusiasta di questo, perché non vuole vedersi «infiltrare» dalla sinistra romana. Eppure, Raggi è stata del tutto autonoma dal direttorio. Ha scelto lei, e se ne è fregata anche di chi storceva il naso per alcuni suoi contatti politici con l’ambiente ex Rifondazione comunista (la ex Lavanderia e l’occupazione all’ex manicomio al Santa Maria della Pietà). Saprà continuare sulla strada di questa autonomia?
È certo che da Milano vogliono guidarla, che l’hanno preparata a comportarsi in tv (molto recitato, il suo stile), che Luigi Di Maio le ha messo alle calcagna la sua fidanzata, la coach tv Silvia Virgulti, in una specie di marcatura alla Claudio Gentile a Spagna 1982. Ma da oggi la Raggi non è più la consigliera comunale alle prime armi nella politica. È il sindaco di Roma; se vuole, in una possibile dialettica anche con lo scalpitante Luigi Di Maio.