lunedì 20 giugno 2016

La Stampa 20.6.16
Turchia, le guardie di frontiera sparano sui profughi siriani: 8 morti
La denuncia delle Ong: tra le vittime 4 bambini. Ankara apre un’indagine
di Marta Ottaviani

Tragedia sul confine fra Turchia e Siria. L’esercito della Mezzaluna è stato accusato di avere aperto il fuoco contro alcuni siriani che cercavano di entrare nel Paese. Le vittime sarebbero almeno 8, inclusi quattro bambini, e facevano parte di un gruppo di sessanta persone. La denuncia è basata sulle testimonianze di diverse organizzazioni umanitarie attive nella zona. Stando alla loro ricostruzione, il gruppo stava scappando dalla città di Manbij, dove dalla fine di maggio a metà giugno forze dell’opposizione siriana e della coalizione internazionale, a cui partecipa anche Ankara, hanno condotto un’importante operazione contro lo Stato islamico.
La scena dove è avvenuta la sparatoria è stata filmata da alcuni attivisti siriani e diffusa online. Le autorità turche non hanno confermato la notizia, dichiarando che sono in corso tutte le indagini del caso per fare luce sugli eventi, ma sottolineando anche che potrebbe essere impossibile verificare in modo indipendente l’attendibilità delle testimonianze. L’esercito, dal canto suo, ha sottolineato che i soldati della Mezzaluna hanno utilizzato il protocollo previsto in questi casi, ammonendo in prima battuta e poi sparando colpi, ma in aria.
La rotta scelta dal gruppo per cercare di entrare in Turchia si trovava lontano dal luogo dove fino a qualche giorno fa si è svolta l’operazione militare. I migranti hanno cercato di entrare in Hatay dalla provincia siriana di Ibdil, che dista circa 150 chilometri da Manbij.
Non è la prima volta che la Turchia è oggetto di accuse simili. Secondo alcune associazioni umanitarie, le persone morte mentre cercavano di passare la frontiera dall’inizio del 2016 sarebbero circa una sessantina. Per cinque anni quello è stato il confine più permeabile del Medio Oriente, con il passare del tempo è stato gradatamente chiuso e adesso per i rifugiati che cercano scampo dal terrore dello Stato islamico e della guerra trovare riparo è diventato sempre più difficile. Anche in passato, i soldati della Mezzaluna erano stati accusati di sparare o picchiare i rifugiati. Per questo motivo, associazioni come Amnesty International o Human Rights Watch hanno dichiarato più volte che la Turchia non è un Paese sicuro per i migranti, soprattutto dopo l’accordo firmato con l’Unione europea lo scorso maggio.
Ankara ha sempre risposto all’accusa con i numeri. Il territorio nazionale ospita oltre 2,7 milioni di siriani, la maggior parte in campi appositamente allestiti. Per tutti sono previsti cure sanitarie, assistenza psicologica e possibilità di studio.
Per la Turchia, per mesi accusata di avere stretto un’alleanza con lo Stato islamico per tenere a bada i curdi siriani e rovesciare il governo dell’alawita Bashar al-Assad, la partecipazione all’operazione militare su Manbij ricopriva grande importanza per due motivi. Il primo è che anche la Mezzaluna è stata teatro di sanguinosi attentati di matrice jihadista. Il secondo è il tentativo di recuperare la fiducia degli Stati Uniti, indispettiti dall’atteggiamento ondivago di Ankara in politica estera.