La Stampa 20.6.16
Spagna a rischio stangata per i conti
E i candidati ignorano la Ue nei comizi
Il prossimo premier dovrà fare 8 miliardi di tagli: l’austerità, però, sparisce dai programmi
di Francesco Olivo
Nell’ultima
domenica prima del voto gli spagnoli hanno sentito di tutto. Accuse,
promesse, slogan e appelli. Pochi accenni ai patti, che fra una
settimana però saranno necessari, visto che nessuno nemmeno aspira a
conquistare la maggioranza assoluta. L’altra grande assente di questa
strana campagna elettorale - si rivota dopo sei mesi per mancanza di
accordo tra i partiti - è l’Europa. Nei giorni della Brexit l’argomento
dovrebbe uscire quasi automatico, eppure nell’unico dibattito televisivo
tra i quattro candidati l’Unione europea non è stata praticamente
menzionata. Qualcuno parla di provincialismo, ma è più probabile si
tratti di un’omissione interessata. Bruxelles, infatti, ha avvertito la
Spagna: o si riduce il debito pubblico oppure in arrivo c’è una multa
pesante. In altri tempi forse la sanzione sarebbe già scattata, ma la
Spagna di questi tempi gode di una certa benevolenza dalla commissione.
Gli alleati del governo
Il
governo Rajoy ha evitato una brutta figura che avrebbe macchiato
pesantemente una campagna elettorale già non semplice. Il premier
spagnolo ha due alleati di peso: da una parte Jean-Claude Juncker,
presidente della Commissione, dall’altra la cancelliera Angela Merkel,
entrambi del Partito Popolare europeo e spettatori interessati
dell’ennesimo voto delicato nel continente. I compiti a casa per la
Spagna sono già assegnati: tagli per otto miliardi di euro. Dovevano
essere già fatti, ma la proroga di qualche mese è stata concessa senza
troppa pubblicità. Il ragionamento di Berlino e Bruxelles è semplice: se
domani a Madrid governasse una coalizione di sinistra, persino guidata
da Podemos (gli ex indignados sono ampiamente sopra ai socialisti in
tutti i sondaggi) compiere gli obiettivi di riduzione di spesa sarebbe
impossibile. Nessuno scenario greco, per carità, ma la quarta economia
dell’Eurozona non darebbe più garanzie. I numeri dicono che il deficit
della Spagna si attesta al 5,1% del Pil (compresi gli aiuti comunitari
alle banche).
Nonostante le richieste comunitarie siano chiare, in
campagna elettorale non si sente parlare dell’argomento. Anzi, le
promesse di Podemos, inserite in un programma scritto in un catalogo
stile Ikea, prevedono una spesa di 60 miliardi di euro, finanziate solo
in parte con un aumento fiscale. Il Partito Popolare, al contrario,
allude a una riduzione delle tasse.
La lettera di Rajoy
Ma
se gli impegni con gli elettori vengono sbandierati, le trattative con
Bruxelles avvengono con molta maggiore discrezione, al limite della
segretezza. Indicativa è stata una lettera di Rajoy alla Commissione,
svelata un mese fa dal quotidiano «El Pais». Nella missiva, che doveva
rimanere riservata, il premier spagnolo garantiva nuovi tagli: «Nella
seconda metà dell’anno, con un nuovo governo, siamo disposti ad adottare
nuove misure». Una smentita di fatto delle promesse elettorali, «ecco
il vero programma del Pp», attaccava Podemos. «Perché prende impegni se
non sa chi governerà?», si chiedevano i centristi di Ciudadanos.
«Inserite queste misure nel programma», aggiungevano i socialisti.
Se
Merkel, come detto, ha un approccio benevolo con Rajoy, in Germania non
tutti condividono questo spirito: «Le regole esistono e non si possono
chiudere gli occhi così a lungo», scrive il «Der Spiegel» citando un
funzionario di Bruxelles.