La Stampa 19.6.16
Impossibile abortire a Trapani
In pensione l’ultimo non obiettore
Non
 si può interrompere la gravidanza nell’unico ospedale pubblico I 
sindacati: temiamo che molte donne ricorreranno alla clandestinità
di Valentina Arcovio
A
 Trapani non si fanno più aborti. Da quando lo scorso maggio il primario
 del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Sant’Antonio 
Abate, Tommaso Mercadante, l’unico ginecologo non obiettore di 
coscienza, ha annunciato il suo pensionamento non c’è più neanche un 
medico disposto a eseguire l’interruzione di gravidanza. I sei 
ginecologi rimasti nell’unica struttura pubblica della città sono tutti 
obiettori di coscienza. Le donne che vivono a Trapani e che sceglieranno
 di abortire dovranno quindi necessariamente migrare nell’ospedale della
 città più vicina, cioè a Castelvetrano. A patto però che non si debba 
effettuare un aborto terapeutico, perché a Castelvetrano non si fanno 
aborti dopo i primi 90 giorni di gestazione, anche se la legge 194 lo 
prevede. In questo caso c’è da spostarsi e non poco. Perché nessuna 
delle 5 strutture pubbliche nelle vicinanze - oltre a Trapani e 
Castelvetrano, anche Marsala, Mazara e Pantelleria - esegue l’aborto 
terapeutico.
Il coordinamento donne della Cgil e Uil è davvero 
preoccupato di quello che potrà accadere alle donne impossibilitate ad 
abortire. Infatti, se in media a Trapani si registrano circa 600 
richieste d’interruzioni volontarie di gravidanza all’anno, cosa stanno 
facendo e cosa faranno le donne che non possono «migrare» da Trapani per
 andare ad abortire altrove? «Considerato che da oltre un mese il 
servizio non viene più garantito ci chiediamo quale risposte sono state 
date alle donne che si sono rivolte al servizio pubblico per effettuare 
l’interruzione volontaria della gravidanza», dichiarano Antonella 
Granello della Cgil e Antonella Parisi della Uil. La preoccupazione è 
che aumenti il ricorso all’aborto clandestino, un problema che non 
riguarda solo la città siciliana, ma anche molte altre aree del nostro 
paese.
Il fatto è che in Italia 7 ginecologi su 10 si rifiutano di
 effettuare interventi di aborto volontario. Numeri, questi, che 
recentemente hanno spinto il Consiglio d’Europa a bacchettare l’Italia. 
Secondo l’ultima relazione del ministero della Salute, in media i 
ginecologi obiettori sono il 70% del totale, ma in alcune regioni ci 
sono picchi che superano il 90%. Ad esempio, nel Molise sono obiettori 
il 93,3% dei ginecologi, il 90,2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, 
l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo. In pratica su 94 
ospedali con un reparto di ostetricia e ginecologia, solo 62 effettuano 
interruzioni volontarie di gravidanza. Cioè solo il 65,5% del totale. 
Alcune parti del nostro paese rimangono quasi completamente scoperte e 
le donne che vogliono abortire sono costrette a migrare. «Trapani 
purtroppo non è un caso isolato », spiega Silvana Agatone, presidente 
della Laiga, l’associazione dei medici non obiettori. «E il fatto che i 
dati del ministero tengono conto solo delle schede compilate da ogni 
medico che pratica l’aborto - aggiunge - non sappiamo nulla sulla 
domanda e, quindi, quante richieste di interruzione di gravidanza 
vengono di fatto non soddisfatte».
 
