giovedì 16 giugno 2016

La Stampa 16.6.16
Integrati col Pd, apocalittici col M5S
I “professoroni” divisi alle urne
Zagrebelsky e Asor Rosa con Fassino e Giachetti, il gruppo di Rodotà pro Raggi
di Giuseppe Salvaggiulo

Alcuni «integrati» con il Pd; altri «apocalittici» con il Movimento 5 Stelle. A pochi giorni dai ballottaggi, un’ampia frattura si è aperta nel fronte dei «professoroni», gli accademici che negli ultimi anni sono diventati un punto di riferimento per l’opinione pubblica di sinistra. Di fronte alla scelta tra Giachetti e Raggi a Roma e tra Fassino e Appendino a Torino, le dichiarazioni di voto scompaginano il quadro. Due posizioni si definiscono: c’è chi, pur non risparmiando critiche al Pd, preferisce «l’usato sicuro» al «salto nel buio» di un Movimento senza solidità amministrativa e con venature di destra. C’è chi, pur non nascondendosi incognite e pericoli del grillismo politico, è disposto a sostenerlo per arginare la deriva del Pd.
A Torino il presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky abbandona la prudenza e si schiera con Fassino citando Hegel: «Voler cambiare tutto è sintomo di decadenza dei popoli». Pensiero opposto a quello di Ugo Mattei, teorico dei beni comuni e docente a Torino e a Berkeley, che ha lanciato con Joseph Halevi, economista dell’università di Sydney, un appello pro Appendino in nome di «un ricambio fisiologico nell’unica grande città che da vent’anni ha la stessa classe dirigente».
Zagrebelsky e Mattei, oltre che amici e compagni di tennis, hanno condiviso negli ultimi anni molte iniziative politiche. Per sabato avevano in agenda a Saint-Vincent un faccia a faccia su referendum e beni comuni, che si annunciava scoppiettante ma non ci sarà, perché Zagrebelsky l’ha annullato in extremis.
A Torino gli schieramenti sono compositi. Pro Appendino si è schierato il filologo Carlo Ossola, mentre l’ex preside della facoltà di lingue, Paolo Bertinetti, ha raccolto una ventina di dichiarazioni di voto per Fassino tra i professori emeriti (dal costituzionalista Mario Dogliani all’americanista Claudio Gorlier). La tesi è che «esperienza e competenza sono utili, l’inesperienza genera pasticci».
Alle stesse conclusioni, ma con motivazioni di prospettiva politica strategica, è arrivato il critico letterario Alberto Asor Rosa in un articolo sul «Manifesto» che chiede di votare i candidati del Pd ai ballottaggi. Occorre che il Pd, - attualmente di Renzi, ma domani chissà - non si disgreghi letteralmente sotto il peso di una clamorosa sconfitta, prima di essere messo in grado di riprendere la strada violentemente interrotta».
Il giurista Stefano Rodotà non si è schierato pubblicamente, ma parrebbe orientato a sostenere la necessità di dare un’opportunità di governo al Movimento 5 Stelle, che lo voleva capo dello Stato nel 2013, prima che i rapporti si raffreddassero. La candidata romana Virginia Raggi, in caso di vittoria, è pronta a chiamare un altro «professorone», l’ex direttore della Normale Salvatore Settis, nel board di saggi per le politiche culturali in cui dovrebbero trovare posto anche l’ex giudice della Corte Costituzionale Paolo Maddalena e il pupillo di Settis, Tomaso Montanari. Lo storico dell’arte fiorentino ha declinato per ragioni personali l’offerta dell’assessorato, ma ha fatto una pubblica dichiarazione pro Raggi.
A Roma Rodotà, Mattei, Settis, Montanari e Maddalena sono stati impegnati nella vertenza sull’occupazione del teatro Valle, su cui però il M5S ha avuto posizioni ondivaghe. Talvolta movimentiste, talaltre legalitarie.