mercoledì 15 giugno 2016

La Stampa 15.6.16
Renzi ci prova con il No-Imu Day
ma la minoranza dem lo diserterà
Segnale per l’elettorato moderato decisivo nel duello milanese
di Francesca Schianchi

Era stata annunciata un paio di settimane fa. Poi, l’ipotesi che il Pd festeggiasse il 16 giugno, domani, il «funerale dell’Imu», l’eliminazione della tassa sulla prima casa, sembrava essere destinata a cadere: troppo impegnate le federazioni delle città grandi con i ballottaggi, troppo breve il preavviso, e soprattutto troppo rischioso celebrare un taglio di tasse nel giorno in cui tante altre imposte, invece - dall’Irpef alla tassa sulle seconde case - continuano a dover essere pagate da milioni di contribuenti. Ieri, invece, il ripensamento e l’accelerazione: «Se non rivendichiamo noi i risultati che abbiamo ottenuto, saremo sempre in ritardo rispetto alla narrazione delle opposizioni», arriva la chiamata alla piazza via mail a tutti i parlamentari dem, in una lettera firmata dai due vicesegretari Guerini e Serracchiani e i due capigruppo, Rosato e Zanda.
«Tavolini, volantinaggio, iniziative per andare incontro ai cittadini» e sbandierare «una riduzione di tasse che non ha precedenti per qualità e intensità nella storia degli ultimi vent’anni», chiede il premier-segretario in persona nella enews che diffonde tramite Facebook. Sperando di poter alzare una bandiera classica dei moderati – quella del taglio delle tasse – capace di attirare voti di centro soprattutto là dove la battaglia è più in bilico, come a Milano, dove Giuseppe Sala e Stefano Parisi sono separati da una manciata di voti. «Se riportiamo i nostri a votare, con i consensi della volta scorsa vinciamo nel 90 per cento dei casi», predicano i vertici del Pd. Ma non c’è solo il «no Imu day»: è previsto per oggi anche un Consiglio dei ministri - non a caso Renzi lo segnala («date un occhio, sarà interessante») – che dovrà dare il via libera definitivo ad alcuni decreti attuativi della riforma della Pubblica amministrazione, tra cui quello – molto popolare – per consentire il licenziamento dei furbetti del cartellino. Mentre non ci sarà l’annunciato decreto salva-città per chi ha sforato il patto di stabilità interno, su cui già la candidata romana del M5S Virginia Raggi aveva avvertito: «Mi auguro che il premier non lo usi come arma di ricatto elettorale».
Taglio delle tasse e stangata agli statali possono diventare per il Pd le parole d’ordine degli ultimi giorni di campagna elettorale. Ammesso che si riusciranno a diffondere: «Noi siamo impegnati sui ballottaggi e riteniamo che le questioni politiche nazionali vadano lasciate fuori», reagisce per primo alla lettera di «convocazione» per la mobilitazione di domani il bersaniano Davide Zoggia, «non tutti sono d’accordo con le decisioni del governo, mentre per vincere i nostri candidati hanno bisogno del voto di tutti». E anche chi, come l’ex capogruppo Roberto Speranza, mette da parte la polemica e si limita a porre il tema in termini pratici, sottolinea che «la priorità sono i ballottaggi» e lui ha già un impegno a Castellammare di Stabia. «Sarà un flop, vedrete», mormorano alcuni deputati sconsolati, facendo notare che si tratta di un giovedì, quando i militanti lavorano e difficilmente possono liberarsi con così poco preavviso.
«Con orgoglio, senza timidezza», Renzi chiede di «spiegare ciò che è stato fatto». Lui non si sa ancora in quale piazza sarà, di certo a un certo punto dovrà prendere un aereo per San Pietroburgo, dove lo aspetta il Business Forum che sarà «un’occasione di dialogo» con la Russia per «recuperare stabilmente le relazioni del passato». Il tempo di rientrare (e vedere i risultati), e lunedì 20 dovrebbe essere in partenza di nuovo, per New York. Mentre qui infurierà il dibattito su chi ha vinto e chi ha perso, lui si starà già occupando di un’altra campagna elettorale: quella per conquistare un seggio non permanente all’Onu al voto del 28 giugno.