mercoledì 15 giugno 2016

La Stampa 15.6.16
Due diverse visioni della città
Proseguire nello sviluppo contro la “decrescita felice”
di Luigi La Spina

Due visioni diverse, veramente alternative, sul futuro della città di Torino.
Questo ha svelato l’ultimo confronto diretto tra i due candidati alla poltrona di sindaco. Davanti al pubblico del Teatro Carignano, il dibattito tra Piero Fassino e Chiara Appendino, guidato dal direttore della Stampa, Maurizio Molinari, ha costretto i protagonisti ad abbandonare le troppe prudenze e i troppi tatticismi utili per ricevere più voti possibili da tutti gli elettori possibili. Così, i cittadini torinesi hanno potuto valutare con chiarezza quale sarà «la posta» in palio domenica e quali saranno le conseguenze concrete, per il loro futuro e per quello della città, della scelta che si accingono a compiere.
Fassino ha sostanzialmente confermato la via intrapresa negli ultimi vent’anni dai sindaci che l’hanno preceduto, Castellani e Chiamparino. Uno sviluppo di Torino fondato su una trasformazione urbana che ha affiancato alla vocazione manifatturiera quella della cultura, del turismo, dell’innovazione. Un progetto attuato con l’integrazione tra risorse pubbliche, sempre più scarse, e quelle private.
Punto forte di Fassino è la comprensibile rivendicazione di un’azione amministrativa di ampio respiro, che ha cambiato la percezione nazionale e internazionale dell’antica immagine di Torino e attuata, per di più, senza scandali.
Punto debole è quello di convincere coloro che, in questi anni, sono stati esclusi dai benefici di questa impostazione politica della sua volontà e della sua capacità di modificarla, per estenderne i vantaggi anche ad altri ceti e alla periferie cittadine.
Appendino ha presentato al pubblico un progetto che si potrebbe definire ispirato alla famosa teoria della «decrescita felice» di Serge Latouche. Punta sulla piccola impresa, sull’artigianato, sul piccolo negozio soffocato dai centri commerciali e, soprattutto, sul rifiuto dell’apporto di risorse private al finanziamento pubblico. Ecco perché ha accusato Fassino e i suoi predecessori di aver, in parte, privatizzato le aziende partecipate dal Comune.
Elemento trainante della strategia elettorale di Appendino è la promessa di rovesciare il cosiddetto «sistema Torino», intenzione che riesce ad accomunare sentimenti, risentimenti, interessi più disparati, dall’estrema sinistra all’estrema destra.
Punto di debolezza è la concreta realizzabilità delle sue promesse, potendo contare solo sul finanziamento pubblico e come si possa promuovere lo sviluppo economico della città con il forte ridimensionamento dei previsti progetti infrastrutturali e urbanistici, da quello più importante, la Tav, alla Città della salute, perlomeno come era stata impostata dall’attuale amministrazione, alla seconda linea del metro, alla cosiddetta variante 200, quella che riguarda la parte forse più trascurata di Torino, la periferia nord-est.