La Stampa 14.6.16
Le quattro ragioni di Renzi per non cambiare l’Italicum
Aumenta la pressione ma a Palazzo Chigi si escludono modifiche
di Francesco Bei
«Non
ho alcuna intenzione di modificare l’Italicum. Non lo farò né ora né
dopo il referendum costituzionale, per un poker di buone ragioni. Se lo
mettano in testa». Il messaggio che in queste ore Matteo Renzi sta
facendo filtrare da palazzo Chigi è rivolto sia alla minoranza interna
sia agli alleati centristi di Alfano e Verdini.
Complice un’attesa
non ottimistica dei risultati elettorali di domenica prossima, insieme a
una certa fiammata nostalgica per le coalizioni allargate stile Ulivo,
nei palazzi si è infatti diffusa la convinzione che, dopo le
amministrative (soprattutto se i candidati Pd dovessero perdere), si
potrebbe riaprire il cantiere della nuova legge elettorale. Eliminando i
capilista bloccati e spostando il premio di maggioranza dalla singola
lista alla coalizione. Una fibrillazione alimentata dalle parole dello
stesso Renzi a RepIdee, quando ha dichiarato di non essere «innamorato
di questa legge elettorale», avendo preferito il Mattarellum. Né è
bastata la precisazione della ministra Boschi per impedire la partenza
del trenino dei nemici dell’Italicum. Complice ieri un’intervista a
Repubblica del capogruppo dem Luigi Zanda - «Io non chiudo a modifiche
migliorative ma chiedo a chi le propone di indicare le forze
parlamentari con cui possono essere approvate» - il fronte favorevole
all’archiviazione dell’Italicum ha ripreso quota.
Ma il primo a
essere contrario a toccare la legge elettorale è proprio il segretario
del Pd. Il ragionamento che il premier ha consegnato ai suoi è
articolato in quattro punti, un «poker» di ragioni che sconsigliano
qualsiasi cedimento. La prima riguarda proprio la minoranza interna:
«Fuori dal Pd non c’è vita, ormai l’hanno capito. Ma con una legge
elettorale diversa potrebbero essere incentivati alla scissione
nell’illusione di creare un partitino a sinistra». Seconda carta del
poker: «I centristi chiedono il premio alla coalizione per allearsi con
il Pd. Ma qual è la loro utilità marginale? Il loro peso è intorno al
3%. Meglio andare per la nostra strada con il partito a vocazione
maggioritaria pensato da Veltroni». Tre, i guai del centrodestra. Tra
Salvini e Berlusconi «ormai la frattura è consumata e l’Italicum li
costringerebbe a rimettersi insieme in un listone unico». Ergo, per
Renzi sarebbe più facile fare una campagna elettorale picchiando sulle
contraddizioni di una destra che tiene insieme lepenisti e moderati:
«Sarebbero loro a dover spiegare agli italiani come fanno a stare
insieme i sostenitori di Trump e quelli di Merkel».
E infine, la
quarta carta del poker. Nonostante la buona affermazione dei Cinque
stelle, Renzi è convinto che la partita nazionale saranno ancora il Pd e
il centrodestra a giocarsela. E grazie all’Italicum, che costringe la
Lega a unirsi a Forza Italia. Proprio le amministrative per il premier
sono la dimostrazione che la competizione può essere ricondotta - a
patto che il centrodestra si presenti unito - a uno schema di gioco
classico: destra contro sinistra. Fuori da ogni lettura convenzionale,
per il leader dem il “tripolarismo” italiano si sconfigge grazie alla
logica bipartitica imposta dal ballottaggio nazionale previsto
dall’Italicum. Una legge “ortopedica” per correggere la dispersione dei
voti e concentrarli su due grandi forze che competono al centro per il
governo.
C’è infine una ragione non detta nell’insistenza del
segretario Pd per l’Italicum. Quei capilista bloccati consentiranno
anche un netto ridimensionamento della minoranza interna. I leader come
Bersani, Cuperlo e Speranza verranno salvati nella riserva indiana. Gli
altri dovranno vedersela con le preferenze. E sarà un bagno di sangue.