domenica 12 giugno 2016

La Stampa 12.6.16
Sui migranti l’Europa gioca il suo destino
di Luigi La Spina

Il titolo, L’assedio, è certamente provocatorio e non rispetta il conformismo del politicamente corretto, ma ha il merito di cogliere pienamente la percezione profonda di molti cittadini europei di fronte a un fenomeno come quello dei cosiddetti «migranti» che appare incontrollabile e incontrollato, sintomo e, insieme, acceleratore di una crisi d’identità, culturale, economica e sociale del nostro Continente.
Per la verità, il merito di Massimo Franco, l’autore della acuta analisi, pubblicata da Mondadori (pp 167, €18,50), su come l’immigrazione stia cambiando sia il volto dell’Europa, sia la nostra vita quotidiana consiste nella dimostrazione del perché quel titolo vada declinato al plurale. Un avvertimento al lettore contenuto subito nell’introduzione, ma illustrato in tutte le pagine del libro, aprendo quella «matrioska» di crisi europee che fa capire come la sindrome dell’assedio sia «solo il paraocchi per non vedere che il Vecchio continente è entrato non in un altro millennio ma in un’altra era».
Ecco perché Franco inanella l’impressionante catena di fallimenti europei che si nascondono dietro lo schermo giustificazionista del problema immigratorio, dal precipitoso allargamento ad Est a una una gestione della crisi greca che ha ammesso, in linea di principio, la reversibilità dell’euro. Una serie di errori strategici, compromessi al ribasso sempre sull’onda dell’emergenza quotidiana, pigrizie mentali e miopi egoismi nazionalisti che hanno suscitato quella rivolta di larga parte dei popoli dell’Occidente «contro il proprio establishment: inteso non tanto come classe dirigente ma come sistema di valori che interpretava ed esprimeva».
Ed è soprattutto questa sfida culturale che i leader continentali dovranno affrontare, nei prossimi anni, se vorranno salvare il sogno dell’Europa unita, perchè non bastano una moneta comune e una intermittente abolizione dei confini per sconfiggere antiche paure e antichi pregiudizi. Speriamo ne siano all’altezza.