La Stampa 11.6.16
Fassino-Appendino, lite in tv sui poveri
Il sindaco nega i dati della Caritas e rivendica i risultati. La sfidante: è ora di cambiare
di Andrea Rossi
Giudicatemi
per quello che ho fatto. Giudicatemi per quello che sono, per le mie
idee, per la mia squadra. Il duello tra Piero Fassino e Chiara Appendino
forse è tutto qui: l’orgoglio di un sindaco «che lavora per una città
all’avanguardia, sostenibile, giusta» contro l’orgoglio di «una donna,
lavoratrice, madre, che in questi anni si è battuta, convinta che le
cose sbagliate vadano contestate».
Il faccia a faccia televisivo
su Sky si gioca di rivalsa. Lui ha l’aria stravolta di chi non si sta
risparmiando; lei mostra un sorriso che tradisce tensione. Svanisce
subito, dentro un’ora fitta, in cui ciascuno produce uno sforzo titanico
per portare acqua alla propria causa. Fassino rivendica, Appendino
piccona e rilancia. Il sindaco uscente incasella cinque anni di lavoro e
costruisce l’immagine del buon amministratore. E allora, il debito «è
sceso di 600 milioni dal 2011 a oggi senza intaccare i servizi ai
cittadini che, al contrario, sono cresciuti», la crisi ha investito
Torino ma non l’ha piegata: «Per il Consiglio d’Europa siamo la quinta
città europea e la prima italiana per qualità delle politiche di
integrazione e assistenza. Abbiamo speso 267 milioni l’anno in servizi,
abbiamo istituito un fondo salva sfratti prima del governo».
Appendino
contesta, smonta, riparte. «Il debito è stato ridotto svendendo le
aziende partecipate contro il voto degli italiani ai referendum, con
operazioni straordinarie che non potranno essere ripetute». Insomma, il
futuro è stato ipotecato. E poi, la povertà, la crisi: «Nelle periferie
crescono ansia e paure, il sindaco per cinque anni ha negato la povertà
che si stava diffondendo e, secondo la Caritas, ha investito 100 mila
torinesi». È l’attimo in cui il sindaco ha un moto di rabbia, alza la
voce: «Non ho mai negato la crisi. E quella cifra, 100 mila poveri, è
una invenzione». Invece è vera; almeno, è il dato diffuso dalla Caritas.
È
una spasmodica corsa all’elettorato fluttuante. Fassino strizza
l’occhio a quel 5% di consensi incassati da Roberto Rosso. Fa sua la
proposta di una telecamera per ogni condominio per migliorare la
sicurezza. Appendino si tiene in bilico tra destra e sinistra: «I
torinesi, specie le donne, si sentono insicuri», i campi rom vanno
chiusi ma le persone integrate e i bambini mandati a scuola. Anche qui
Fassino rivendica: già fatto. Lei gioca in equilibrio: la Tav è una
questione pragmatica, non ideologica, come si fa a spendere 10 miliardi
quando il trasporto regionale è distrutto? Le olimpiadi? Un successo ma
con troppi scheletri.
Entrambi svicolano spesso: sulle eventuali
alleanze per il ballottaggio, su Renzi e Grillo, persino sugli scudetti
della Juventus. Si tengono alla larga dai guai, cercano di scansare gli
scivoloni. Non sempre ci riescono: Appendino attacca il sindaco sullo
stipendio del suo portavoce, 180 mila euro, ma non dice che nel tempo è
stato ridotto fino a circa 135 mila. Fassino attacca la giunta
annunciata dalla candidata 5 Stelle. Lei ribatte: «Ho scelto persone
competenti senza Cencelli. Non credo lui farà altrettanto». Lui punge:
«Sei superficiale, non dici mai che cosa vuoi fare». Giudicatemi per
quel che ho fatto; giudicatemi per quel che sono.