sabato 11 giugno 2016

La Stampa 11.6.16
Gli imprenditori promuovono le riforme del premier
“Bene il governo su lavoro e referendum, ma su tasse e giustizia deve fare di più”
di Giuseppe Bottero

Dopo un’ora di faccia a faccia con gli imprenditori si stupisce pure il premier: «Quando mi fate una domanda cattiva?». Risate. Ma l’affondo, a parte una frecciata sulla spending review, non arriverà.
Chi s’attendeva la replica dei fischi di Confcommercio resta deluso. Perché il feeling tra Matteo Renzi e gli industriali che lo aspettano con gli smartphone in mano sulla scalinata dell’hotel Miramare è quasi totale. A dettare la linea è il presidente dei giovani di Confindustria, Marco Gay: «Non faremo una lista della spesa», dice, e garantisce che la lunga relazione che apre la due giorni di Santa Margherita Ligure non si trasformerà in un cahier de doléances. Promessa mantenuta in parte, visto che, dal fisco alla banda larga passando per la giustizia e l’articolo 18 per gli statali, qualche sassolino da togliersi c’è. Ma è una partita che si gioca in un clima rilassato, «da vecchi compagni di scuola - sorride Francesco Palumbo, imprenditore salernitano del franchising - Parliamo la stessa lingua, se abbiamo la sponda della politica la strada è in discesa». I quarantenni in giacca e cravatta che riempiono la Sala Portofino promuovono la riforma costituzionale - «il referendum è una occasione da non perdere - spiega Gay -, le misure sul lavoro, e la battaglia con l’Ue sulla flessibilità. Diciamoci la verità: solo qualche anno fa ci sarebbe sembrato impossibile». Di sicuro, non è il momento di tirare i remi in barca: «In tanti hanno paragonato questi anni di crisi a una guerra. Oggi forse possiamo dire: la guerra è finita, anche se la pace è ancora da costruire». Come? «Ci aspettiamo serietà e coerenza per realizzare il taglio dell’Ires di 4 punti, come promesso», prosegue. E poi chiede «una svolta infrastrutturale», dalla banda larga alla Tav, e una «legge sulle lobby». Sono punti cerchiati in rosso anche sui taccuini degli altri capitani d’azienda, assieme al taglio dei tempi della giustizia e alla riforma della P.a. «Bisogna sburocratizzare il Paese - spiega Marco Lavazza, vicepresidente del gruppo del caffè -. Chi investe ha bisogno di sicurezza, dal punto di vista legislativo, giudiziario e amministrativo. Se decido di aprire un’attività non posso non sapere quanto tempo ci metterò». Altro? «Speriamo il governo non aumenti l’Iva e la flessibilità venga utilizzata per nuovi investimenti strutturali. C’è bisogno di guardare sul lungo periodo, non di interventi mordi e fuggi prima delle elezioni». Sono le certezze che chiedono le multinazionali: «Jobs Act e taglio dell’Ires sono passi avanti, è ora di accelerare sulla semplificazione - auspica Cristina Scocchia, ad di L’Oreal -. Per non penalizzare i grandi gruppi il credito d’imposta deve essere stabile e bisogna aumentare la produttività». E poi c’è da colmare il divario più grande con gli altri Paesi Ue: quello digitale. «Avere soltanto il 50% delle persone che utilizza la rete fa perdere competitività anche alle aziende» dice il country manager di Facebook, Luca Colombo. A tradire, però, non sono solo le autostrade di byte. «Ho fatto dei lavori infrastrutturali 18 mesi fa, e firmato il contratto con l’Anas ieri - dice a Renzi Gian Giacomo Gellini, imprenditore edile di Arezzo -. Prima di incassare, passeranno quasi due anni».