sabato 11 giugno 2016

La Stampa 11.6.16
Hitler in edicola è un attacco alla memoria
di Manuela Consonni

Consapevolmente o meno, l’operazione editoriale messa in atto da un giornale italiano, che oggi in edicola insieme al quotidiano distribuirà urbi et orbi il «Mein Kampf» di Hitler, è un attacco alla storia e alla memoria del passato dell’Italia. Vendere il passato in edicola crea errori, vizi di forma insidiosi che, con la pretesa di «rivisitare» la storia, la appiattiscono in una semplificazione falsa e pericolosa.
Siamo tutti a favore della verità, ma da storica, la verità storica del «Mein Kampf» hitleriano può essere raccontata solo in sede storiografica e memoriale, dagli storici e dalle vittime.
Perché storici e vittime possono dirci esattamente quale fu la battaglia che il capo del Reich intraprese contro i nemici del Reich, i.e. gli ebrei, gli oppositori politici, i diversi tipi asociali, gli Untermenschen scelti per la deportazione e per lo sterminio. La riabilitazione del passato, forse più nero della storia umana, quello del XX secolo, il secolo breve, la pseudo-rottura della demonizzazione rituale contro il Nazismo e il Fascismo, attraverso un libro intellettualmente e moralmente ignobile, con il piglio di offrire una visione disinteressata e innocente del passato è mancanza di responsabilità civica e storica, è colpa assoluta come lo è l’oblio verso le vittime di questo passato e verso gli altri, che di esso, non sono stati né carnefici né collaboratori. «Si possono scrivere libri ignobili per ragioni nobilissime, ed anche, ma più raramente, libri nobili per ragioni ignobili», scriveva Primo Levi che aveva letto il Mein Kampf. Esso non rientra in nessuna delle due citate categorie. Condivido con lo scrittore torinese la stessa «diffidenza» per chi «sa» «come migliorare il mondo [...] innamorato del suo sistema da diventare impermeabile alla critica. C’è da augurarsi che non possegga una volontà troppo forte, altrimenti sarà tentato di migliorare il mondo nei fatti e non solo nelle parole: così ha fatto Hitler dopo aver scritto il Mein Kampf, ed ho spesso pensato che molti altri utopisti, se avessero avuto energie sufficienti, avrebbero scatenato guerre e stragi».
Il «cosa c’è di male», o peggio «vogliamo fare conoscere l’orrore perché non si ripeta più», o il protervo «bisogna avere il coraggio di essere afascisti per dare alla storia il suo giusto valore, correndo il rischio di essere chiamati filofascisti», «venduti» in edicola oggi, con cui sarà giustificata questa cinica operazione editoriale, sono di contenuto amorale, antietico e antidemocratico, insieme al loro concetto di razza superiore, a quello della conservazione della razza, e al delirante teorema delle minoranze agguerrite, come scritto appunto nel Mein Kampf: «Primo compito non è quello di creare una costituzione nazionale dello Stato ma quello di eliminare gli ebrei. [...] Come spesso avviene nella storia, la difficoltà capitale non consiste nel formare il nuovo stato di cose, ma nel fare il posto per esse», e da ultimo alla prassi politica del fare l’Europa Judenrein, insieme alla Rassenschande, tutte dichiarazioni intrise di delirio e odio etnico. L’operazione editoriale del quotidiano esprime nella sua sostanza una consensualità accomodante e bonaria, di compiacenza postuma verso questo passato. Hitler in edicola oggi è la prova, se ce ne fosse stato ulteriore bisogno, di un passato, quello nazifascista che in Italia non riesce a passare. In questo contesto, l’assunzione storica e morale di responsabilità collettiva verso un passato di guerra, di deportazione e di sterminio, e la politicizzazione della memoria continuano a determinare due alternative conflittuali e in competizione, caratterizzate dalla permanente tensione tra l’idea di aver chiuso i conti con il passato fascista e la consapevolezza di non aver ancora iniziato a farli. Se ne ricordino, quindi, coloro che venderanno, oggi, insieme al giornale Hitler in edicola, che, anche se si taccerà, ancora una volta, l’antifascismo di pregiudizio, di ignoranza, di oscurantismo, di moralismo, l’aspetto più pericoloso dell’operazione revisionista di oggi, non è solo la banalizzazione di un passato tragico per la storia umana, ma la apoliticizzazione della coscienza storica.
* Direttrice del Centro Vidal Sassoon per lo Studio dell’Antisemitismo, Università ebraica di Gerusalemme.