Il Sole Domenica 19.6.16
Filosofia politica
Alex Honneth, più Rawls che Marx
di Sebastiano Maffettone
Axel
Honneth, già allievo di Juergen Habermas e attuale Direttore della
Scuola di Francoforte, ha scritto un breve saggio sulla necessità di
concepire L’idea di socialismo come sogno necessario (come recitano
rispettivamente titolo e sottotitolo del volume della cui edizione
tedesca si è occupata Francesca Rigotti sulla Domenica del 15 novembre
2015). Il punto di partenza di Honneth è chiaro e a prima vista
convincente: se la crisi del capitalismo attuale è quanto mai visibile e
grave, come mai non ci sono movimenti antagonistici che abbiano una
forza analitica e normativa paragonabile a quella della crisi stessa? La
risposta, come si intuisce, consiste nella debolezza del socialismo
perlomeno così come sulla scia di pensatori del passato quali Proudhon,
Durkheim e soprattutto Marx lo avevamo concepito. Purtroppo, se la
domanda e in generale l’approccio di Honneth sono –come detto-
persuasivi, lo stesso non si può dire della sua proposta positiva. Nei
quattro capitoli del libro, l’autore cerca di indicare le cause per cui
il socialismo delle origini non ci convince (capitoli 1 e 2) e i motivi
per cui invece un capitalismo adeguato ai nostri tempi potrebbe avere
successo (capitoli 3 e4). L’idea di fondo è che il socialismo delle
origini sia stato caratterizzato da un fondamentalismo economicistico e
da una filosofia della storia metafisicamente orientata.
La
congiunzione di economicismo e filosofia della storia avrebbe poi reso
impossibile la costruzione di quella «comunità solidale» in cui si
dovrebbe realizzare il socialismo della libertà come lo vuole Honneth.
Tutto ciò è nel complesso ragionevole e storicamente evidente se si
considera la difficoltà dei movimenti socialisti di avere rapporti
fruttuosi con quelli radicali democratici. Le difficoltà nascono
tuttavia quando dall’analisi storico-ricostruttiva si passa alla
proposta positiva di un socialismo finalmente adatto ai nostri tempi.
Quest’ultimo
dovrebbe imperniarsi su un alquanto opaco sperimentalismo storico che
vede tra i suoi predecessori forse Castoriadis e Habermas ma sicuramente
Dewey e Rawls. In buona sostanza, Honneth dice qui qualcosa di
abbastanza scontato per la maggior parte dei suoi lettori, sarebbe a
dire che il socialismo deve riconciliarsi con la democrazia e le
istituzioni. In questo modo, più che eliminare il mercato capitalistico
ne limiterebbe gli effetti politici. Questi ultimi sono innanzitutto di
natura distributiva. E quindi, anche se non lo ammette mai
esplicitamente, Honneth suggerisce che il nuovo socialismo che ci
promette coincide in buona sostanza con una teoria della giustizia
distributiva.
A conferma di questa tesi –leggendo l’indice dei
nomi- troviamo dieci volte quello di Rawls e solo due quello di
Habermas. El’exergo iniziale è preso da Walt Whitman poeta simbolo dei
democratici americani. Per concludere, il nuovo socialismo di Marx
assomiglia tanto a un left liberalism. A me non dispiace, ma francamente
un po’poco per chi si aspettava un sogno socialista...
Axel Honneth, L’idea di socialismo: un sogno necessario , traduzione
a cura di di Marco Solinas, Feltrinelli, Milano , pagg. 153, € 18