Il Sole Domenica 12.6.16
Chimica e archeologia
L’arma spaziale di Tutankhamon
di Gianni Fochi
Il
mistero dura dal 1925, quando Howard Carter trovò sotto le fasce che
avvolgevano la mummia di Tutankhamon, sulla coscia destra, un
elegantissimo pugnale col fodero d’oro, l’impugnatura d’oro cesellato e
cloisonné (cioè a celle smaltate) e la lama di ferro. L’enigma sta
appunto in questa: non perché di metallo vile, mentre un altro pugnale,
che la mummia aveva sulla pancia, ha d’oro anche la lama. Anzi, ai tempi
del faraone ragazzino il ferro era raro — molto raro — e preziosissimo:
praticamente un dono del cielo, d’origine quindi divina. Tutankhamon
visse nel XIV secolo a.C., cioè nella tarda età del bronzo: a estrarre
il ferro dai minerali non si era ancora arrivati. L’unico ferro
disponibile veniva proprio dal cielo, dallo spazio, sotto forma di
meteoriti.
L’archeologia ci offre una serie di piccoli manufatti
di ferro meteoritico, prodotti da popolazioni sparse per il pianeta:
antiche civiltà del Tibet, della Siria e della Mesopotamia, per
proseguire poi con gl’Inuit dell’estremo nord americano. Oggetti
ottenuti in genere per incisione o altri procedimenti meccanici: non
così la lama del giovane faraone, prodotta con ferro fuso, e fuso con
maestria. E allora ci si è sempre chiesti se l’inizio dell’età del ferro
deve essere anticipato. Fermo restando che certe suddivisioni della
storia hanno sempre qualcosa d’arbitrario e convenzionale, e che quindi è
bene considerare un po’ sfumati i loro contorni, almeno in un certo
senso il ferro trovato nella tomba di Tutankhamon ci dà in effetti da
pensare.
Si tratta, oltre al pugnale della mummia, di sedici
minuscole lame, d’una testina e d’un braccialetto con fregio ferreo in
forma d’occhio di Horus. Ma è sempre stato il pugnale a incuriosire più
di tutti, se non altro perché, ben più grande degli altri reperti,
implica in modo particolare una capacità tecnica inaspettata per la sua
epoca, stando almeno a quanto è stato s’è potuto immaginare finora.
Insomma:
la materia prima di quella lama viene davvero dallo spazio, o invece in
Egitto si sapeva già lavorare il ferro ricavato da qualche componente
della crosta terrestre? Finalmente abbiamo la risposta: ce la dà una
ricerca compiuta da scienziati italiani ed egiziani, coordinati da
Daniela Comelli del politecnico di Milano e attivi a Pisa, Torino, il
Cairo e il Fayyum.
Da un’analisi fatta nel 1970 risultava un alto
contenuto di nichel, prova dell’origine extraterrestre. Purtroppo però
quello studio, sebbene citato ampiamente, non è mai stato pubblicato;
non si conosce neppure il metodo analitico scelto allo scopo. D’altro
canto, la composizione di molte meteoriti ferrose è nota da tempo,
perché è stato possibile applicare loro tranquillamente tecniche che
richiedono il prelievo e la distruzione di campioni: cosa che invece è
ovviamente da escludere nel caso del pugnale misterioso.
Al
contrario, la fluorescenza a raggi X non danneggia l’oggetto dello
studio, e non richiede neppure di trasferirlo in qualche laboratorio:
negli ultimi vent’anni gli apparecchi portatili hanno avuto uno sviluppo
notevole. Al pugnale di Tutankhamon essa è stata applicata direttamente
all’interno del museo egizio del Cairo, mettendo sotto osservazione due
punti diversi della lama. In precedenza lo strumento era stato
calibrato su ventidue campioni a composizione nota: metà erano
d’acciaio, metà provenivano da meteoriti.
Si è così arrivati a
stabilire che la lama è composta, oltre che da ferro, all’incirca
dall’11 per cento di nichel e dallo 0,5 per cento di cobalto. In realtà i
ricercatori hanno potuto pubblicare valori più precisi, ma già detti
così i numeri bastano a render più che certi delle conclusioni.
Vediamo
come stanno le cose nelle due categorie possibili. Nelle meteoriti
ferrose il nichel può arrivare fino al 35 per cento e non scende
praticamente mai sotto il 5. Negli oggetti ottenuti fino a un paio di
secoli fa a partire da minerali terrestri, invece, quel metallo non
supera il 4 per cento. Sì, dunque: la lama di Tutankhamon è... aliena!
Tanto più che quella piccola dose di cobalto è col nichel in un rapporto
quantitativo simile a quello riscontrato in molte meteoriti.
Fra i
reperti ferrei egizi non posteriori, solo perline fatte con ferro
meteoritico appiattito a martellate sono state sottoposte ad analisi
altrettanto accurate: provengono da una tomba situata a Girza e
risalgono pressappoco al 3200 a.C. Un oggetto relativamente grosso — e
di buona qualità metallurgica come il pugnale — non può invece che
essere frutto di fusione attuata da artigiani esperti. Stiamo forse
cominciando a ricostruire, sotto prospettive nuove, l’evolversi delle
tecniche di lavorazione del ferro nell’area mediterranea.