sabato 4 giugno 2016

Il Sole 4.6.16
Comuni protagonisti sul fronte dei diritti
di Franca Deponti

Domani, domenica 5 giugno 2016, la legge sulle unioni civili e sulle convivenze registrate smetterà di essere una costruzione astratta oggetto di scontri al calor bianco e scenderà nella vita quotidiana dei cittadini italiani.
Ma se è cosa certa l’entrata in vigore, meno certo è che cosa faranno gli uffici dei Comuni che si trovino di fronte due persone dello stesso sesso che vogliano ufficializzare la loro relazione o una coppia di fatto che voglia registrarsi o, più difficile ancora, che voglia far annotare un “patto di convivenza”.
Mancano ancora una serie di decreti che il Governo è stato delegato a emanare per adeguare le norme preesistenti alla riforma Cirinnà, primo tra tutti l’ordinamento dello stato civile. E mancano così le direttive che spieghino che cosa e come fare non tanto agli interessati, quanto piuttosto ai funzionari dello stato civile e dell’anagrafe, assurti nel giro di un anno e mezzo a front-line delle famiglie arcobaleno. Anche se un primo passo avanti è stato fatto con la circolare del Viminale relativa, però, solo alle convivenze.
Le nuove competenze di celebrazione delle unioni civili e di registrazione delle convivenze si aggiungono infatti a quelle già affidate ai Comuni dalla legge 162 del 10 novembre 2014, che ha ha varato le procedure “smart” per separarsi e chiudere in modo consensuale i matrimoni fuori dalle aule di giustizia. Con esiti finora non proprio lusinghieri sia per l’ancora scarso utilizzo dell’istituto, sia per le file di attesa anche di sei mesi che si registrano nei grandi centri, come documentato dal Sole 24 Ore del 23 maggio scorso.
Con la riforma Cirinnà, ora al debutto con poche “istruzioni per l’uso”, il rischio che si moltiplichino gli intoppi e si allunghino i tempi è quasi una certezza. Perchè son sempre gli stessi uffici e (presumibilmente) le stesse persone a doversene far carico, tanto che l’allarme è già scattato tra gli ufficiali di stato civile.
Si sa che l’italica maniera di far partire le cose non è mai organizzare bene prima gli strumenti e le forze in campo quanto piuttosto buttare il bambino nell’acqua sperando che nuoti; e che di solito il bambino nuota o almeno non affoga.
Ma questa volta dietro il tempo che il Governo si prenderà per emanare decreti e istruzioni e oltre l’oggettiva difficoltà dei Comuni ad assorbire un impatto difficile anche solo da quantificare, si profila il riattivarsi del fronte del “no” alla legge. Persa la partita in Parlamento, gli irridicibili hanno già annunciato altre battaglie anche con armi quali l’«obiezione di coscienza». Quasi che le leggi potessero essere tutte ad assetto variabile.
A settant’anni dalla Repubblica e nel giorno di elezione dei Sindaci - fondamentali per la democrazia nei territori -occorre dunque che da un lato chi governa si impegni ad agevolare e sostenere i Comuni nei nuovi compiti. Dall’altro prosegua al più presto nel rendere agibili senza tentennamenti diritti civili attesi per tanto tempo.