Il Sole 4.6.16
Unioni civili, partenza al rallentatore
Da domani in vigore la legge ma il decreto attuativo per renderla operativa è ancora in lavorazione
di Francesca Milano e Giovanni Parente
Non
sarà una partenza sprint, almeno per le unioni civili. Alla legge
Cirinnà in vigore da domani (anche se i primi effetti si “sentiranno” da
lunedì alla riapertura degli uffici comunali) manca ancora una serie di
tasselli per diventare pienamente operativa. A cominciare dal decreto
del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) che conterrà le
istruzioni sulla tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile:
servirà ancora qualche giorno. Dal ministero dell’Interno assicurano
infatti che il decreto è già in stato di lavorazione e non si farà
attendere troppo a lungo: la previsione è quella di trasmetterlo alla
presidenza del Consiglio nei prossimi giorni.
Intanto, però, dal
Viminale arriva il consiglio di aspettare: le coppie di omosessuali che
vogliono sottoscrivere una unione civile sono invitate a non correre in
Comune per la “celebrazione”. Monica Cirinnà, senatrice di cui la legge
porta il nome, dà qualche indicazione in più: «Il decreto ha 30 giorni
di tempo per essere emanato, dopodiché dovrà attendere i pareri della
Corte dei conti e del Consiglio di Stato, che hanno altri 30 giorni per
esprimersi. Confidiamo che entro fine agosto si potranno celebrare le
prime unioni».
Le incertezze nei Comuni
Intanto, però, i
municipi stanno già ricevendo alcune richieste: «Noi – spiega da
Siracusa Pia Mantineo, funzionaria del Comune – abbiamo già ricevuto
diverse domande di informazioni e dalla prossima settimana inizieremo a
prendere gli appuntamenti perché, come per i matrimoni, bisogna
programmare le “celebrazioni”, per le quali saranno necessari un
ufficiale di stato civile edue testimoni». Alle coppie che da lunedì
arriveranno per “fissare la data”, gli addetti probabilmente
spiegheranno che è meglio non correre troppo perché, oltre alle
istruzioni sulla registrazione dell’unione, manca anche la formula del
“rito”.
C’è una «situazione di incertezza, in quanto - spiega
Renzo Calvigioni dell’Anusca, l’associazione nazionale ufficiali di
stato civile e d’anagrafe – da alcune parti si sostiene che la legge
andrà in vigore pienamente il 6 giugno, mentre da altre parti si ritiene
condizionante la mancanza del Dpcm, tanto da impedire la costituzione
delle unioni civili fino a quando non verrà emanato». Qual è la
conseguenza pratica? «Chi volesse procedere a ogni costo - prosegue
Calvigioni - rischia di ottenere un atto privo di alcuni requisiti
formali particolarmente rilevanti, il che potrebbe anche avere
conseguenze sulla validità ed efficacia dell’istituto».
Tra le
incognite che il Dpcm dovrà chiarire, c’è anche quella della scelta del
cognome: la legge, infatti, concede alle coppie gay di scegliere un
cognome comune: anche questa possibilità dovrà essere attuata tramite
una dichiarazione da rendere all’ufficiale di stato civile, ma non si sa
ancora come.
Se per le unioni civili bisognerà quindi attendere i
provvedimenti attuativi, per le convivenze di fatto l’operatività
dovrebbe scattare subito. Il condizionale è d’obbligo, perché anche in
questo caso restano alcuni nodi da sciogliere. «Non esiste un registro
in cui inserire le dichiarazioni di convivenza – spiega Tiziana Piola,
responsabile dei servizi demografici del Comune di Savona – ma allo
stesso tempo non possiamo rifiutarci di accettare tali dichiarazioni.
Navighiamo a vista e, in assenza di istruzioni, abbiamo deciso di
registrare queste coppie su un foglio excel». Secondo Liliana Palmieri,
funzionario del Comune di Treia (Macerata), non è nemmeno chiaro quale
sia il modello da utilizzare per presentare le istanze di convivenza:
«Non esiste un modulo ad hoc – dice -, dovrebbe predisporlo il ministero
dell’Interno».
La circolare dell’Interno
A preoccupare è
soprattutto il contratto di convivenza, ossia l’atto redatto da un
notaio o da un avvocato per disciplinare gli aspetti economici della
vita della coppia. La legge prevede infatti la facoltà per i conviventi
di sottoscrivere un contratto che regoli i rapporti patrimoniali
relativi alla loro vita in comune. Nel contratto le parti possono
inserire le modalità di contribuzione alle necessità della famiglia e il
regime patrimoniale della comunione dei beni. Il professionista
incaricato di redigere il contratto dovrà poi trasmetterlo al Comune di
residenza della coppia entro dieci giorni e il Comune dovrà a sua volta
registrarlo. A questo proposito, la circolare 7 datata 1° giugno del
ministero dell’Interno detta le istruzioni che gli uffici anagrafici
dovranno seguire: il contratto dovrà essere registrato sia nella scheda
di famiglia dei conviventi sia nelle loro schede personali anagrafiche
(si veda l’articolo in basso). Anche la successiva risoluzione del
contratto dovrà essere registrata con l’indicazione della data e del
luogo della risoluzione ma anche della causa e degli estremi della
notifica.