Il Sole 2.6.16
Legalità e infrastrutture, Roma all’anno zero
di Laura Di Pillo, Andrea Marini
Crescita economica, risanamento dei conti ed efficienza amministrativa le sfide prioritarie
Recupero
della legalità e della capacità amministrativa, crescita, risanamento
dei conti. Saranno le sfide della nuova amministrazione per ridare
normalità a una città colpita dalle inchieste e dalla corruzione.
Provata dal degrado e dalla crisi economica. Roma si trova oggi ad
affrontare una doppia emergenza: quella dell’onorabilità morale e di un
aggravamento strutturale, soprattutto sul fronte dei servizi, dalla
gestione dei rifiuti e della mobilità alla situazione di degrado delle
strade, delle ville e degli spazi pubblici. Un contesto difficile che
richiede un governo e una guida capace per la città. Perché se la
capitale crolla, crolla tutto il Paese.
Certamente il nuovo
sindaco dovrà proseguire e rilanciare il primo difficile risanamento
iniziato dal Commissario straordinario, il prefetto Francesco Paolo
Tronca, insediato lo scorso novembre dopo le dimissioni di Ignazio
Marino. Tra i dossier in primo piano i conti capitolini, su cui pesa il
Piano di rientro per rimborsare il debito pregresso di Roma Capitale.
Una voragine da 12 miliardi che drena 500 milioni l’anno destinati alla
gestione commissariale: 300 dei quali a carico dello Stato e 200 milioni
a carico dei romani con il contributo di un’addizionale Irpef
aggiuntiva dello 0,4%. L’ultimo bilancio varato da Tronca lo scorso
marzo è stato incentrato su rigore e prudenza. Per il 2016 sono stati
varati tagli da 164 milioni, con 500 milioni liberati per gli
investimenti. La tassa sui rifiuti è diminuita del 2%. Ma molto resta da
fare: secondo uno studio Uil, tra addizionale comunale Irpef (con super
addizionale per ripianare il debito), addizionale regionale Irpef, Tasi
prima casa, Imu-Tasi su altri immobili, tariffa rifiuti, il gettito
medio pro capite delle tasse locali a Roma è arrivato nel 2015 a 2.726
euro, il più alto d’Italia.
Un record per un Comune esteso 7 volte
Milano e circa 11 volte Napoli, con quasi 2,9 milioni di residenti, che
tendono a lasciare i quartieri centrali (quasi un terzo vive ormai
fuori dal raccordo anulare, contro il 18% del 1998). Eppure gli uffici
pubblici sono quasi tutti concentrati al centro o al massimo all’Eur,
con un flusso di oltre 800mila pendolari che ogni giorno dalla provincia
si sposta all’interno del raccordo anulare. Non sorprende quindi che il
trasporto pubblico sia la croce di ogni amministrazione a Roma. A
cominciare dall’Atac: l’azienda del trasporto pubblico (100% del Comune)
è stata per lunghi anni il buco nero dell’amministrazione, con continue
ricapitalizzazioni nel complesso superiori al miliardo. Ora Atac ha
avviato un piano di riorganizzazione con il nuovo direttore generale,
Marco Rettighieri: il debito, quasi 1,7 miliardi a fine 2013, dovrebbe
scendere a 1,3 miliardi quest’anno. La perdita 2015 è stata di 78,9
milioni, che dovrebbe diminuire a 40,3 nel 2016 per poi azzerarsi nel
2017. Il tutto per alimentare un piano di investimenti da 430 milioni
nel 2016-18 per potenziare l’offerta di mezzi pubblici. Il risanamento
di Atac è anche presupposto per il progetto, che ogni tanto riemerge, di
una possibile apertura dell’azienda ai privati. O magari alle Fs che
già si sono candidate a una gestione integrata ferro-gomma della
mobilità romana.
C’è poi la questione delle metro: appena 2 linee
in città, con una terza in costruzione. Proprio la Metro C rappresenta
più di una incognita. L’opera è andata in gara il 15 febbraio 2005, per
un costo totale di 3.047 milioni. Costo poi lievitato agli attuali 3.739
milioni, valore che è però secondo l’Anac sottostimato, perché deve
essere ancora fatta la progettazione per il tratto Venezia-Clodio (si
stima un costo totale effettivo di almeno 4,5 miliardi). La Metro C a
oggi è in funzione da Pantano a Lodi; la prossima stazione da aprire
(forse nel 2017) è San Giovanni, per garantire almeno l’incontro con un
nodo della Linea A. Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio,
sta mettendo a punto un piano metropolitane in cui ci sarebbero risorse
anche per la linea C ma va sciolto prima il nodo progettuale e quello
degli arretrati al general contractor.
Ma oltre al trasporto
pubblico che non funziona, tra le emergenze più sentite dai cittadini
c’è quella delle buche: i costruttori romani hanno stimato che per
risolvere il problema servirebbero 250 milioni l’anno per 5 anni. Cifra
cui vanno aggiunti almeno 100 milioni l’anno per la manutenzione
ordinaria delle strade.
Tra i temi in primo piano anche quello
della sicurezza: se da una parte i reati denunciati nel 2015 (254.991)
sono calati del 9,1% sul 2014 (dati Questura di Roma) non si è ancora
scesi ai livelli di 5 anni fa (rispetto al 2010 i reati segnano un
+4,6%). Ma è la penetrazione della criminalità organizzata nelle
istituzioni e nell’economia che ha lasciato sotto shock i romani. Dopo
lo scandalo di Mafia capitale portato alla luce a fine 2014 dalle
indagini del procuratore Giuseppe Pignatone, tutti ricordano il funerale
stile padrino di Vittorio Casamonica, immagini che hanno fatto il giro
del mondo. Ci sono poi le organizzazioni mafiose tradizionali
(soprattutto ’ndrangheta e camorra), che, come scrive la Dna nel suo
ultimo rapporto, a Roma «acquisiscono, tramite loro rappresentanti,
immobili, società ed esercizi commerciali nei quali impiegano ingenti
risorse economiche provenienti da delitti». Il commissario Tronca ha
dato priorità alla legalità, prendendo di petto lo scandalo affittopoli
(gli affitti irregolari, su cui era intervenuta già l’amministrazione
Marino), la lotta all’assenteismo (a marzo ci sono stati due dipendenti
licenziati con preavviso e 95 procedure disciplinari aperte, tra cui 19
nei confronti di dirigenti), procedendo alla rotazione del personale. Un
lavoro che va continuato. Come la partita sui rifiuti.
Nel 2013 è
stata chiusa la mega-discarica di Malagrotta. E la raccolta
differenziata è salita dal 24,6% nel 2011 al 45% nel 2015. Per Ama,
azienda rifiuti al 100% del Comune, c’è l’urgenza di completare il ciclo
dei rifiuti per evitare crisi dovute alla necessità di portare scarti
fuori città a seguito di picchi nello smaltimento. Si parla da tempo del
possibile ingresso dei privati, nonché di sinergie Ama-Acea sul fronte
valorizzazione rifiuti. Acea, la multiutility di acqua, energia e
ambiente, al 51% del Comune, è la gallina dalle uova d’oro del
Campidoglio: nel 2015 ha staccato a favore del comune un assegno di 53
milioni in dividendi.
Sullo sfondo un sistema produttivo che
ancora non si è risollevato dalla crisi post 2008. Il valore aggiunto,
cioè la ricchezza prodotta dalla Capitale, vale 134 miliardi, con
478mila imprese registrate nel 2015. Tuttavia, solo nel commercio, sono
state 1.500 le attività chiuse nei primi tre mesi del 2016. A
preoccupare è anche la disoccupazione giovanile record che nel 2015 ha
raggiunto il 43,5% (era 30,1% nel 2010), più della media nazionale
(40,3%). Il turismo, invece, si sta riprendendo lentamente dopo la crisi
seguita alle minacce dell’Isis: questione che pesa non solo sui bilanci
delle aziende ma anche sui conti del Campidoglio. Nel 2015 la tassa di
soggiorno pagata dai turisti ha portato in cassa 118 milioni.