Il Sole 20.6.16
Il cambio di rotta necessario per il referendum
La
sconfitta di Roma e Torino mette Renzi di fronte al suo avversario, i 5
Stelle. Riesce la santa alleanza dei populismi contro il Pd, ha
funzionato lo scambio di voti della Lega verso Chiara Appendino. Milano
“salva” il premier e l’Esecutivo tiene solo per mancanza di alternative.
Ma la stabilità del Governo e del Paese diventa ora la carta decisiva
per la sfida del referendum. Continua pagina 3
Continua
da pagina 1 A Milano vince Sala su Parisi ma non basta. Lo schema che
ora ha davanti il premier in vista della battaglia referendaria è molto
chiaro. Uno schieramento “anti” che fa perno su Grillo, che sfrutta la
massa critica dei 5 Stelle per abbattere il governo nell’appuntamento di
ottobre.
Il premier ne esce male ma oggi l’esecutivo è in grado
di tenere solo perché non c’è ancora uno schema alternativo delle forze
di opposizione. Resta la domanda su quale strategia possa mettere in
campo il premier per non perdere lo scontro finale del referendum in cui
in palio – invece - c’è il governo. Gli strumenti sono tre. Il primo
riguarda le misure economiche e quindi la legge di stabilità. Attraverso
la costruzione di una nuova proposta di rilancio, Renzi si gioca gran
parte della sua scommessa d’autunno. Il secondo è legare la riforma
della Costituzione alla stabilità del Paese, alla blindatura dentro
l’Europa, alla tenuta dello spread. Definirsi, cioè, come l’argine ai
populismi, evitare lo scenario 2011. Resta l’ultimo strumento: rivedere
l’Italicum. Ripensare il premio alla lista, per non restare schiacciato
dal patto tra le opposizioni che si è vista nitidamente nel voto di
Torino e di Roma.
Queste sono le tre carte che ha in mano Renzi.
Ai 5 Stelle, ma anche per il centro-destra che esce sconfitto dallo
schema-Milano, non basterà giocare solo sull’obiettivo di disarcionare
il premier. È un messaggio che ha un suo punto di debolezza. Perché lo
stop alla riforma costituzionale avrà un riflesso immediato anche a
Bruxelles e sui mercati finanziari. Sbagliato liquidare questo come un
argomento di propaganda renziana. E tanto più sarà consistente se
giovedì dovesse passare Brexit.
Se dunque la campagna per il voto
amministrativo è stata giocata senza tenere in conto la variabile della
stabilità, la prossima battaglia politica sul referendum terrà dentro
questo elemento. Sia per i sostenitori del “si” che del “no”. Servirà
indicare lo scenario del “giorno dopo” con meno approssimazione di
quanto non sia accaduto fin qui. È chiaro che le dimissioni promesse da
Renzi, se dovesse perdere, diventano il cuore della battaglia d’ottobre.
Lui difenderà un quadro di tenuta complessiva del Paese e ai 5 Stelle e
alle opposizioni non basterà indicare il bersaglio grosso, la fine di
Renzi. Servirà soprattutto indicare una rete di protezione per il Paese,
spiegare come si evita il salto nel buio.
Questa è la differenza
tra quel giorno di ottobre e questa mattina. Se le amministrative sono
state un colpo durissimo per Renzi, per le opposizioni questo passaggio è
essenziale per definire la consistenza dell’alternativa politica. La
revisione della Costituzione sarà inquadrata dentro una lotta tra forze
anti-sistema e anti-euro contro la stabilità conquistata e tra gli
argomenti dovrà entrare anche quell’uscita di sicurezza che mette al
riparo dall’avventura. E che oggi non si vede. Perché i 5 Stelle non
sono disponibili ad alleanze in Parlamento e il voto anticipato non è
uno scenario ragionevole né per oggi né per ottobre quando ci sarà una
legge di stabilità da approvare. Senza la costruzione di questa
alternativa il test amministrativo di oggi resta un segnale senza un
disegno.