venerdì 10 giugno 2016

Il Sole 10.6.16
I commercianti «entrano» nella sfida Renzi-Grillo
Quello che è accaduto a Confcommercio, le contestazioni a Renzi e poi la “pace” sulla promessa di non aumentare l’Iva, è subito diventata una “cartuccia” elettorale per i 5 Stelle in vista dello scontro-Capitale.
di Lina Palmerini

Quei fischi, il battibecco tra il premier e la platea sugli 80 euro, la richiesta di abbassarsi lo stipendio, la pressione per non aumentare l’Iva, tutto questo è stato un pacco regalo per il Movimento in piena campagna elettorale per la conquista di Roma. Perché i 5 Stelle hanno avuto i riflessi pronti e sono stati veloci a drammatizzare la tensione che si è vista ieri tra Renzi e i commercianti, a usarla a loro vantaggio, farla rimbalzare tra il blog di Grillo e le dichiarazioni di tutti i principali esponenti del Movimento da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista. Un episodio che hanno trasformato in assist per la campagna elettorale di questo secondo turno alle amministrative, soprattutto per la Capitale.
In effetti ai 5 Stelle serviva proprio un fatto come quello di ieri perché il “no” alle Olimpiadi – anche se ora è più sfumato – gli aveva alienato quella parte della città, dei servizi e del commercio, che non è certo marginale e che può muovere molti voti. E quindi enfatizzare il malcontento verso il Governo rimette in equilibrio i pesi politici di ciascuno verso la sfida finale.
L’altro oggetto della contestazione sono stati gli 80 euro e questo ha dato la possibilità anche di attaccare il premier su quel lato, facendosi forti del fatto che le periferie delle grandi città – dove vive quel ceto medio basso destinatario del bonus – hanno voltato le spalle al Pd preferendo i 5 Stelle o il centro-destra al Nord. Insomma, due cartucce politiche in un colpo solo. Perché il Movimento si è scelto due interlocutori sociali, soprattutto: il ceto medio e la fascia medio-bassa insieme alle piccole imprese. Quest’ultimo è il target produttivo di riferimento, quello a cui parla sin dalle elezioni del 2013 quando – perfino in Veneto - un bel po' di voti che erano della Lega andarono ai grillini. Un elettorato tradizionalmente legato al centro-destra con una “spartizione” per aree geografiche, al Sud era di Forza Italia, al Nord del Carroccio e che adesso è conteso tra tutti, da Renzi a Grillo a Salvini. Anche per questo dovrebbe suggerire al Carroccio di non dare troppi aiutini al Movimento visto che i bacini elettorali si sovrappongono.
E infatti la mossa di ieri dei pentastellati è stata da un lato enfatizzare i fischi a Renzi, dall’altro chiudere la porta in faccia a Salvini che cerca un'alleanza in nome del referendum e della fine del premier. Una strategia di coerenza, a maggior ragione comprensibile perché il Carroccio è pur sempre un partito investito da scandali, anche recenti come quelli sui rimborsi elettorali.
Ma se quelle contestazioni di ieri al premier vanno ad alimentare una scadenza elettorale a breve – quella dei ballottaggi del 19 – c’è pure un’altra riflessione sul medio termine da fare. Che c’è un incrocio pericoloso tra impegni economici, come quello che si è assunto ieri Renzi sull’Iva, e il referendum d’ottobre. Una trappola che stringe insieme i due appuntamenti per la contestualità con la legge di stabilità. I due piani si sovrappongono proprio in quell’inizio di autunno che il leader Pd ha voluto fosse decisivo per il suo Governo.