venerdì 10 giugno 2016

il manifesto 10.6.16
Ora lo fischiano anche in platea
Renzi contestato dai commercianti: gli 80 euro non hanno rilanciato i consumi. Il presidente del Consiglio comincia malissimo la campagna per i ballottaggi. Decide di restare lontano dalle città cruciali. Il venerdì decisivo sarà in Russia
di Domenico Cirillo

ROMA Silvio Berlusconi, che questa platea ha conquistato e fatto ridere tante volte, raccontando apologhi sul libero mercato e bazellette sui suoi capelli, giace costretto in un letto di ospedale a Milano. Matteo Renzi, ospite d’onore per la prima volta all’assemblea generale di Confcommercio (negli anni scorsi c’era stata la ministra Guidi che fu), prende il testimone dal presidente Carlo Sangalli, che pure qualche complimento glielo fa (ma quanti in passato a Berlusconi). E Renzi comincia il suo intervento con la parola «coraggio». Dopo qualche minuto iniziano a fischiarlo.
Il presidente del Consiglio non ha grandi cose nuove da rire. Il suo è il solito elenco dei successi del governo, che comincia con la flessibilità europea e passa dallle riforme costituzionali al Jobs act. Poi c’è il bonus di 80 euro. La Confcommercio è sempre stata contraria al buonus di 80 euro, da quando Renzi lo inventò durante la campagna elettorale delle europee del 2014. In quanto lavoratori autonomi, i commercianti non ne hanno avuto diritto. In quanto commercianti, non ne hanno visto i promessi effetti miracolosi sui consumi. Partono i primi fischi.
Renzi non è Berlusconi, ma lo ha studiato. Alza il tono della voce. «È una misura di giustizia sociale che rivendico, chi ha solo uno stipendio da mille euro si è potuto permettere uno zainetto, una pizza». Chissà perché uno zainetto. In platea ci saranno senz’altro titolari di pizzerie, negozianti di borse. Non hanno visto questi nuovi consumatori. La contestazione sale di tono, gli chiedono di ridurre i costi della politica, invece. «Io guadagno 5 mila euro netti al mese. E ho fatto l’arbitro in Garfagnana», replica Renzi. Intende: non mi tiro indietro. Infatti rilancia: «Gli 80 euro sono una riduzione delle tasse e capisco che voi non siete contenti perché abbiamo iniziato da una categoria diversa dalla vostra». Però promette: «Taglieremo l’Irpef». O forse «il cuneo, oppure l’Ires». Non basta ai commercianti, Sangalli – «Carlo», per Matteo – ha chiesto un impegno preciso. Lui glielo dà: «Prendo l’impegno irrinunciabile a non toccare l’Iva per il 2017». Poi se ne va.
Ma un attimo dopo ricompare su facebook, consapevole di dover rimediare. Un’assemblea che lo fischia è un fatto nuovo. Non che non riceva contestazioni quando va in giro, che siano impegni istituzionali o (più spesso) occasioni elettorali. L’hanno fischiato studenti, insegnanti, risparmiatori traditi. Sempre fuori dai teatri, però. Lui adesso, al computer, lo riconosce: mi hanno fischiato. «Vi confesso – scrive però – che gli abbracci finali anche da chi in partenza mi contestava mi hanno fatto piacere». Nel suo racconto tutto è andato bene. In quello dei suoi, anche meglio. «L’incontro – assicura il capogruppo dei deputati Pd Rosato, in veste di cronista – si è concluso con un’ovazione per il premier e il regalo di una maglia». Con la scritta «più coraggio, meno tasse».
C’è poco da twittare: l’occasione è più favorevole ai suoi avversari. I deputati grillini non smettono di postare il video dei fischi. Di Maio aggiunge un commento: «Oggi i fischi da Confcommercio, presto gli lanceranno le monetine» (celebri, in effetti, quelle dei fascisti contro Craxi). Reazioni indignate del Pd: è un tweet poco istituzionale. Di Maio è il vice presidente della camera.
Resta il fatto che il partito e il premier sono sulla difensiva. E dovranno restarci, dal momento che i residui candidati democratici in corsa nelle città hanno fatto sapere a palazzo Chigi che preferiscono provare a vincere da soli. Niente visite di appoggio a Torino, Milano, Roma. Potrebbero essere controproducenti, in questo clima. Esemplare Napoli, dove Renzi è stato tre volte in un mese e la candidata Pd è rimasta fuori dal secondo turno. Per giustificare il basso profilo, proprio lui, Renzi deve inventare una teoria: il presidente del Consiglio, concluso il primo turno, non partecipa alla campagna elettorale. Il gesto stile non gli impedisce, però, di martellare ogni giorno sul referendum costituzionale. In ogni caso e per non correre rischi, palazzo Chigi ha deciso di aderire a una richiesta russa. Il presidente del Consiglio sarà a San Pietroburgo proprio venerdì prossimo, ultimo giorno di campagna per i ballottaggi. Lo aspetta Putin. Anche lui, probabilmente, avrebbe preferito Berlusconi.