il manifesto 6.6.16
Vienna: «L’Ue faccia come l’Australia: blocchi i migranti sulle isole»
Austria. Il ministro degli Esteri: "Niente asilo politico a chi entra illegalmente in Europa"
di C. L.
ROMA
Se qualcuno pensava che l’elezione del verde Alexander Van der Bellen a
presidente della Repubblica mettesse finalmente un freno alle tendenze
xenofobe dell’Austria, può abbandonare le speranze. Dopo aver concluso i
lavori per la costruzione della barriera al Brennero, dove ha anche
inviato 80 poliziotti per rafforzare i controlli, Vienna rilancia adesso
chiedendo all’Unione europea di non concedere asilo politico a chi
entra illegalmente in Europa dal mare e propone di confinare i migranti
su delle isole. Misure che secondo il ministro degli Esteri austriaco,
il popolare Sebastian Kurz, dovrebbero servire a scoraggiare le
partenze, ma che sicuramente contribuiranno ad alzare ulteriormente la
tensione su un tema estremamente delicato. «Non è un caso che gli Stati
uniti abbiano portato i migranti a Ellis Island, un’isola, prima di
decidere chi poteva raggiungere la terraferma», ha detto Kurz al
quotidiano Die Presse. «Chi deve attendere su un’isola come Lesbo, senza
possibilità di ottenere asilo, si convincerà più facilmente a tornare
indietro di chi abita in un appartamento a Vienna oppure a Berlino». Per
Kurz «essere salvato in mare non deve essere un biglietto per l’Europa
centrale», e quindi chi lo fa dovrebbe perdere il dritto a chiedere
asilo.
Ellis Island – l’isola di fronte New York dove transitarono
12 milioni di migranti – non è però l’unico modello che il ministro
austriaco confessa di avere in mente. Un altro, decisamente peggiore, è
quello adottato dall’Australia che dal 2013 confina quanti tentano di
arrivare sul suo territorio su due isole del Pacifico, Manos in Papua
Nuova Guinea e il piccolo stato-isola di Nauro. «Tra il 2012 e il 2013
40 mila profughi sono arrivati in Australia via mare e oltre 1.000 sono
annegati. Ora non arriva più nessuno e non ci sono più annegamenti», ha
ricordato Kurz.
Il ministro austriaco non avrebbe potuto evocare
esempio peggiore. L’«operazione confini sovrani», come è stato
pomposamente battezzato il piano che Camberra ha affidato ai militari,
prevede la deportazione dei profughi in campi all’interno dei quali sono
stati denunciati numerosi casi di stupro e di aggressioni sessuali. Lo
scorso mese di febbraio Amnesty international ha accusato il governo
australiano di violare il diritto internazionale per la sua politica di
respingimenti forzati e inserito l’Australia tra i 30 paesi che «hanno
illegalmente forzato i profughi a tornare in paesi in cui sarebbero in
grave pericolo».
La linea dura di Camberra è arrivata al punto di
siglare un accordo con la Cambogia per reinsediare i profughi – la
maggior parte dei quali provenienti dall’Indonesia – nel paese asiatico.
Accordo che però è fallito nonostante i 55 milioni di dollari (37
milioni di euro) in aiuti pagati a Phonm Penh.
Intanto domani la
Commissione europea dovrebbe varare il piano messo a punto dal
vicepresidente Frans Timmermans e dalla responsabile esteri dell’Ue
Federica Mogherini che prevede un incremento di 500 milioni di euro al
Trust Fund per l’Africa da 1,8 miliardi di euro creato nel vertice della
Valletta del novembre 2015. Il piano prevede investimenti nei paesi
africani che sono punto di partenza e di transito dei migranti.