il manifesto 6.6.16
Israele/Territori Occupati
«Giorno di Gerusalemme», giorno dell’occupazione
30
mila coloni, nazionalisti religiosi e militanti di destra hanno
attraversato sventolando bandiere i quartieri palestinesi fino al Muro
del Pianto con l'intento di affermare la sovranità di Israele imposta
con la forza anche sulla Gerusalemme araba dopo il 1967
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Si chiama in “Rikudegalim”, la danza delle bandiere. È il corteo con
migliaia di israeliani che si è svolto ieri alla Porta di Damasco e
all’interno della città vecchia di Gerusalemme. Coloni, nazionalisti
religiosi e militanti di destra, 30 mila secondo i dati forniti dalla
polizia, hanno attraversato cantando, danzando e, più di tutto,
sventolando bandiere i quartieri palestinesi fino al Muro del Pianto,
con il fermo intento di affermare la sovranità di Israele imposta con la
forza su Gerusalemme. È solo una festa popolare per il “Giorno di
Gerusalemme” dicono le autorità israeliane. Di fatto è una sfida aperta
alle rivendicazioni dei palestinesi che considerano la zona araba della
città la capitale del loro futuro Stato. A nulla sono serviti i ricorsi
presentati alla Corte Suprema da organizzazioni della sinistra
israeliana, come Ir Amin, per evitare almeno il passaggio del corteo nei
quartieri palestinesi, alla vigilia del mese islamico di Ramadan che ha
visto ieri sera migliaia di fedeli musulmani andare a pregare alla
Spianata delle Moschee. I giudici però hanno respinto i ricorsi e la
polizia si è limitata a far anticipare la conclusione della
“Rikudegalim”. La tensione è rimasta alta per tutto il giorno e sul lato
palestinese non sono mancati gli appelli alla «difesa» della Spianata
delle moschee da possibili incursioni di nazionalisti israeliani.
Per
una importante agenzia di stampa italiana questa danza delle bandiere
avviene «nell’anniversario della Guerra dei Sei Giorni (1967) in cui –
ha scritto ieri – Israele estese il proprio controllo al settore arabo
della città». Nel 1967 Israele non «estese» il proprio controllo sul
settore arabo di Gerusalemme. Non «riunificò» la Città Santa sotto la
propria sovranità come vuole la narrazione israeliana. 49 anni fa
Israele occupò militarmente la zona palestinese (Est) di Gerusalemme,
assieme a Cisgiordania, Gaza, Sinai egiziano e Golan siriano. Questa è
storia. L’annessione unilaterale di Gerusalemme Est al territorio
israeliano non è riconosciuta dalla comunità internazionale, Italia
inclusa. E secondo il diritto internazionale l’intera Gerusalemme è
occupata, non solo la parte araba. Il Piano di Spartizione della
Palestina, accettato dai fondatori di Israele, prevedeva per Gerusalemme
uno status di città internazionale.
La “Rikudegalim” si svolge da
molti anni. Tuttavia dal 2009, da quando il premier Netanyahu – domani
atteso da Vladimir Putin a Mosca per il 25.mo anniversario della ripresa
delle relazioni diplomatiche – è tornato al potere alla guida di
governi (sempre più) di destra, la danza delle bandiere ha assunto
proporzioni e un’importanza senza precedenti. I partiti della destra,
oggi tutti parte della coalizione di maggioranza, attendono il “Giorno
di Gerusalemme” per ribadire che la zona araba della città non sarà mai
restituita ai palestinesi, in nessun caso, e rimarrà per sempre nelle
mani di Israele. Stando a quanto riferiva proprio ieri il quotidiano
Haaretz, i principali finanziatori della “Rikudegalim” sono l’ufficio
del primo ministro, il comune di Gerusalemme e una Ong americana di
destra Am Kalavi. Contribuisce anche Amana, un’organizzazione che lavora
per creare insediamenti e avamposti israeliani nei Territori
palestinesi occupati.
Intanto a 150 km da Gerusalemme, al valico
di Rafah tra Gaza e l’Egitto, centinaia di civili palestinesi hanno
vissuto l’ennesimo incubo. 800 uomini, donne e bambini, tra questi tanti
ammalati gravi, sono rimasti bloccati al terminal per tutto il giorno
di sabato e poi la notte fino all’alba di ieri senza alcun ricovero, in
attesa di entrare in Egitto a causa del coprifuoco imposto nel nord del
Sinai. A causa delle procedure lentissime, sabato solo 290 palestinesi
sono riusciti ad entrare in territorio egiziano prima del coprifuoco
scattato alle 19. Sono trentamila gli abitanti di Gaza che, per vari
motivi, dalla salute allo studio, hanno richiesto di attraversare la
frontiera di Rafah, unica porta sul mondo arabo. L’Egitto però apre solo
occasionalmente il valico e il numero di passaggi è sempre limitato.