sabato 4 giugno 2016

il manifesto 4.6.16
Israele boccia il summit di Hollande
Medio Oriente. Per il governo Netanyahu il vertice internazionale che si è svolto ieri a Parigi «allontana la pace» e «radicalizza i palestinesi». Il presidente francese va avanti e punta ad organizzare una conferenza a fine anno per rilanciare il negoziato. Ieri è tornata in libertà la parlamentare palestinese e dirigente del Fronte popolare (Fplp) Khalida Jarrar detenuta in Israele per 14 mesi
di Michele Giorgio

GERUSALEMME La Conferenza di Parigi «allontana la pace». È stata immediata e pesante la reazione del governo Netanyahu alla conclusione ieri del summit internazionale con i rappresentanti di una trentina di Paesi – ma senza israeliani e palestinesi -, organizzato dalla Francia per rilanciare la soluzione dei “Due Stati” e che dovrebbe portare, nei desideri dei francesi, a una conferenza internazionale entro la fine dell’anno. «Si tratta di una occasione perduta. – ha protestato con forza il ministero degli esteri israeliano – Invece che insistere con il presidente palestinese Abu Mazen affinchè riprenda le trattative dirette senza precondizioni la comunità internazionale gli ha permesso di continuare a sfuggire. Nella storia questa conferenza sarà ricordata per aver contribuito ad irrigidire le posizioni palestinesi». Per il premier israeliano Netanyahu c’è un’unica strada, quella degli ultimi venti anni: il negoziato bilaterale, ossia la trattativa dove Israele può imporre le sue condizioni al debole presidente Abu Mazen e ottenere un accordo svantaggioso per i palestinesi. Qualche ora prima dell’apertura del vertice parigino, il giornale filo-governativo Israel ha-Yom, aveva espresso apprezzamento per l’azione svolta dietro le quinte dall’Egitto, finalizzata a portare i laburisti nel governo Netanyahu, a conferma che l’esecutivo israeliano guarda con più fiducia alle iniziative degli alleati arabi che a quelle europee. A inizio settimana Netanyahu si era detto interessato a discutere il Piano Arabo di pace del 2002, elaborato dall’Arabia saudita con cui Tel Aviv ha segretamente stretto i rapporti negli ultimi 2-3 anni.
A Parigi non è stato deciso nulla che possa portare a uno spostamento effettivo del negoziato dal binario bilaterale a quello multilaterale, come teme Israele. Il presidente Hollande, aprendo il summit, ha detto che lo status attuale in Medio oriente, in Israele e Territori occupati, favorisce «gli estremisti di ogni parte». Quindi ha esortato israeliani e palestinesi a «fare la scelta coraggiosa della pace» altrimenti «questo vuoto verrà riempito da estremisti e terroristi». Il primo obiettivo della conferenza, ha aggiunto Hollande, «è confermare collettivamente che la pace passerà da due Stati, Israele e uno Stato palestinese, che vivono fianco a fianco nella sicurezza». Parigi non nasconde la speranza che la conferenza di fine anno, alla quale vuole anche israeliani e palestinesi, stabilisca i “parametri” che dovranno guidare la futura trattativa tra le due parti. Su tutto pesa non solo il rifiuto di Israele ma anche l’atteggiamento degli Stati Uniti. A Parigi c’era il Segretario di stato John Kerry ma Washington è tiepida verso l’iniziativa di Hollande e a fine anno potrebbe addirittura schierarsi contro la conferenza internazionale quando le chiavi della Casa Bianca verranno consegnate al repubblicano Donald Trump o alla democratica Hillary Clinton, entrambi, con motivazioni diverse, lontani dalla linea dell’Amministrazione Obama su questi temi.
Nelle strade di Israele e dei Territori occupati il summit di Parigi non ha suscitato reazioni, è stato ignorato dalla gente. A Ramallah migliaia di persone hanno festeggiato il ritorno a casa della parlamentare e dirigente del Fronte Popolare (Fplp, sinistra marxista) Khalida Jarrar dopo 14 mesi di detenzione in Israele. Jarrar, 53 anni, era stata arrestata ad aprile dello scorso anno e condannata a 15 mesi di carcere perché parte di una «organizzazione terroristica» e per «aver incitato al rapimento di soldati israeliani». Accuse gravi secondo la legge israeliana che tuttavia avevano prodotto una condanna relativamente lieve, a conferma, sottolineano i palestinesi, che contro Jarrar non esistevano prove e che contro di lei si è svolto un processo politico. La condanna secondo l’opinione di molti nei Territori sarebbe stata una ritorsione alla decisione di Khalida Jarrar di non restare confinata per sei mesi a Gerico su ordine dell’Esercito. Sei deputati palestinesi sono ancora detenuti in Israele, assieme a circa settemila prigionieri politici.