sabato 4 giugno 2016

il manifesto 4.6.16
Loi Travail: Valls non cede, la Cgt nemmeno
Francia . La polizia sotto accusa, per una repressione troppo violenta delle manifestazioni. Il primo ministro va allo scontro. Ovazione per Martinez (Cgt) al congresso del Pcf. Lo sciopero continua nelle ferrovie
di Anna Maria Merlo

PARIGI È lontano il tempo degli applausi alla polizia. Era solo qualche mese fa, dopo il dramma del Bataclan. Adesso, all’inizio del quarto mese di proteste contro la Loi Travail, le denunce contro il comportamento dei poliziotti si moltiplicano. Sono state sporte denunce a Saint-Malo, dove giovedì alcuni allievi di scuola media sono rimasti leggermente feriti e sono sotto choc in seguito all’intervento delle forze dell’ordine che intendevano riaprire l’accesso alla scuola: ragazzini, genitori e insegnanti stavano protestando contro l’annuncio della chiusura dell’istituto. Ha sporto denuncia anche il Club de la Presse di Rennes, in seguito a una carica della polizia, giovedì, in occasione di una nuova giornata di protesta contro la Loi Travail: degli agenti hanno usato i manganelli anche contro dei giornalisti, per impedire a un gruppo di manifestanti di bloccare una strada di accesso alla città della Bretagna. Ormai, i feriti alle manifestazioni che hanno luogo dallo scorso marzo non si contano più, un ragazzo ha perso un occhio, un fotografo è tenuto in coma artificiale in un ospedale parigino. La polizia ribatte di avere più di 350 feriti nelle proprie fila. Cresce la critica contro le tecniche repressive per il mantenimento dell’ordine, privilegiate dalla polizia francese, invece di quelle destinate a far diminuire la tensione.
Il nervosismo aumenta in Francia, dove varie zone in queste ore (soprattutto attorno alla capitale) devono anche far fronte alle inondazioni, che colpiscono l’attività economica, già rallentata dal clima sociale. Questo fine settimana Manuel Valls dovrebbe di nuovo avere un contatto telefonico con Philippe Martinez, segretario della Cgt. Ma il primo ministro non ha nessuna intenzione di cedere e ritirare la Loi Travail, malgrado un crollo degli indici di consenso (intorno al 14%). Valls fa una scommessa sul proprio avvenire politico: è convinto che se «tiene duro» potrà trasformarsi nel Blair francese e avere un glorioso futuro di fronte a sé. Dal canto suo anche Martinez tiene duro: ieri si è recato al congresso in corso del Pcf, a Aubervilliers, dove è stato accolto con una standing ovation. Il Pcf, in difficoltà per la crisi del Front de Gauche e la decisione di Jean-Luc Mélenchon di correre alle presidenziali del 2017 senza passare per eventuali primarie a sinistra (o a sinistra della sinistra), si aggrappa alla Cgt.
Per il momento regna confusione: continua lo sciopero dei treni (anche se la partecipazione è in calo), la Sncf (la Società nazionale delle ferrovie francesi) ha sospeso le vendite di biglietti per il sud della Francia, ma
Cgt e Sud Rail confermano il proseguimento «illimitato» della protesta, malgrado l’appello della direzione per sospendere il movimento a causa delle inondazioni; tre su quattro siti di trattamento dei rifiuti della regione parigina sono bloccati; nelle raffinerie, invece, c’è qualche segnale di ripresa del lavoro. Poi, ci sono le minacce di sciopero dei piloti Air France dall’11 al 14 giugno (che non c’entrano con la Loi Travail). Una minaccia pesa sull’Euro di calcio, che inizia il 10, con la manifestazione nazionale programmata per il 14 e proteste in varie categorie. Il Medef (la Confindustria francese) chiede un intervento d’urgenza al ministero delle Finanze per la piccola e media impresa «destabilizzata» da inondazioni, protesta sociale e crescita molle. Valls è convinto che la confusione alla fine farà cambiare idea all’opinione pubblica. Il primo ministro vuole arrivare a vari «chiarimenti», «riformando» la Francia a colpi di autoritarismo: «chiarimento» con i sindacati e alleanza con i «riformisti» (che potrebbe però non tenere se la tensione non cala); nel Parti Socialiste, dove Valls sogna l’affondo contro la «fronda» che ha aderito a una mozione di sfiducia con l’intenzione di far cadere il governo (senza riuscirci), contro il ricorso all’articolo 49.3 per far passare la Loi Travail senza voto all’Assemblée; infine, «chiarimento» nella rivalità con la destra, dimostrando che i social-liberisti sono i più riformisti.