Corriere 4.6.16
Il deputato Sariyildiz porta le foto all’Onu
«I video lo provano. Stanno schiacciando il mio popolo»
di Alessandra Muglia
«Sono
vivo per miracolo, con questa intervista sarò ancora di più in
pericolo». Faysal Sariyildiz, 40 anni, è dal 2015 deputato ad Ankara per
il partito filo curdo Hdp. Ex giornalista, ex assessore, non lo hanno
piegato cinque anni di carcere turco. Ora rischia, se gli va bene, di
ritornare in cella. Ha voluto restare tra la sua gente a Cizre, durante
oltre due mesi di assedio, e poi ha fatto il giro dell’Europa per
raccontare l’orrore che ha visto. Parla da Ginevra, dove ieri ha
incontrato il Consiglio Onu per i diritti umani: spera in un’indagine
internazionale che accerti i crimini contro l’umanità compiuti contro i
curdi. Ne ha raccolto le prove: video e fotografie per la prima volta
diffuse oltre il Kurdistan.
«Quando ho saputo che sarebbe stato
dichiarato il coprifuoco lo scorso 14 dicembre, ho preso un volo da
Ankara e mi sono diretto a Cizre. Avevamo già visto in passato che
quando viene dichiarato il coprifuoco, lo Stato applica una violenza
senza limiti contro le abitazioni dei curdi. Per poter dare voce alla
popolazione sotto assedio, ho deciso di essere presente».
Si è sentito in pericolo?
«Il
20 gennaio con il sindaco di Cizre e gli assessori siamo andati a
recuperare i feriti e i cadaveri da giorni sulle strade. Al ritorno,
nonostante la bandiera bianca, hanno sparato su di noi. Un assessore e
altre 2 persone sono rimaste uccise, 12 feriti. C’è un video che
documenta questo episodio, e proprio per queste immagini sono stato
accusato di aver fatto entrare armi a Cizre, nascondendole in una bara».
Che cosa l’ha sconvolta di più ?
«Ho
assistito a Cizre a un brutale massacro. In 79 giorni di assedio sono
morte 259 persone: 177 di loro sono state bruciate vive dalle forze
governative mentre erano nascoste nei rifugi sotterranei. Tra di loro
universitari, giornalisti, politici, attivisti. Ogni giorno mi
chiamavano, mandavano sms per chiedere aiuto».
Un aiuto che lei non poteva dare...
«Durante
l’assedio ho perso molti miei amici. Molti di loro sono stati uccisi
poco dopo aver parlato con me. Il 7 febbraio, Asya Yuksek, presidente
dell’assemblea popolare di Sirnak, mi ha avvertito con un sms: “Le
condizione dei feriti è molto grave: si contorcono dal dolore, non
riesco a rimuovere i vestiti, mani e volti bruciati”. Asya con altre 50
persone aveva trovato rifugio in un edificio poi raso al suolo. Tra le
macerie sono stati rinvenuti decine di corpi bruciati, a brandelli.
Compreso quello di Asya: è stato possibile identificarla solo 2 mesi
dopo grazie al Dna. Mehmet Tunç, presidente dell’assemblea popolare di
Cizre, in collegamento telefonico a una conferenza tra curdi, Turchia e
Ue al Parlamento europeo il 27 gennaio, aveva lanciato un appello: “Vi
preghiamo di fermare questa atrocità. Avete la forza per fermare questo
massacro. In caso contrario, vi considereremo complici”. Mehmet è stato
assassinato in uno scantinato. Di lui è rimasta una manciata di ossa».
L’Europa ha la forza di contrastare le derive autoritarie di Erdogan?
«In
Europa c’è consapevolezza sul fatto che Erdogan guidi un governo
antidemocratico. Purtroppo però Ankara usa la carta dei migranti e le
forze politiche europee stanno perseguendo un pragmatismo miope».