il manifesto 3.6.16
Si apre la Conferenza di Parigi su Israele e Palestina, Netanyahu è contro
Medio
Oriente. I rappresentanti di una trentina di Paesi occidentali e arabi
si riuniscono oggi nella capitale francese per fissare i parametri di
futuri negoziati tra israeliani e palestinesi. Netanyahu considera
l'incontro una minaccia. Proteste in casa palestinese. Il Fplp accusa
Abu Mazen di fare tutto da solo senza consultare l'Olp
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
In una Parigi piegata dal maltempo, con la Senna pericolosamente in
piena e un Francois Hollande al minimo dei consensi per il Jobs Act che
ha fatto infuriare i lavoratori, i rappresentanti di circa 30 Paesi
occidentali e arabi (Italia e Usa compresi) si riuniscono oggi per un
incontro internazionale sulla questione israelo-palestinese. Mancheranno
proprio loro, israeliani e palestinesi. L’idea della Francia è che
questo summit diventi il primo passo per arrivare il prossimo autunno a
una Conferenza internazionale, questa volta anche con israeliani e
palestinesi, che apra la strada alla soluzione dei Due Stati. Hollande e
il suo governo si aspettano che dal vertice escano i “parametri” su
confini, sicurezza, profughi palestinesi, lo status di Gerusalemme, le
colonie ebraiche costruite nei Territori palestinesi occupati e lo
sfruttamento delle risorse naturali. Parametri che dovrebbero segnare il
percorso di ogni futura trattativa diretta tra israeliani e
palestinesi, insieme ad un timing preciso per un accordo.
Non
sorprende che Benyamin Netanyahu si sia scagliato contro il summit. Il
premier respinge a muso duro la possibilità che la questione
israelo-palestinese sia affrontata anche nel quadro di incontri
internazionali e non più soltanto con l’inutile negoziato bilaterale,
mediato dagli alleati americani, che in 20 anni ha solo prodotto
fallimenti. «Se i Paesi riuniti a Parigi – ha protestato Netanyahu –
vogliono far avanzare la pace, dovrebbero unirsi al mio appello al
presidente palestinese Abu Mazen per arrivare a trattative dirette.
Questa è l’unica strada per la pace, non ci sono alternative». Una
posizione non condivisa dall’Autorità nazionale palestinese schierata a
favore dell’iniziativa francese che, pensa il presidente Abu Mazen,
rappresenta, forse, l’ultima possibilità per arrivare ad un accordo. Una
posizione che non tutti i palestinesi condividono. Il Fronte Popolare
(Fplp), la più importante delle formazioni della sinistra, chiede
manifestazioni di protesta ovunque, anche all’estero. Il Fplp spiega che
queste iniziative non mirano a realizzare i diritti palestinesi bensì a
negarli, a cominciare da quello al “ritorno” nella loro terra dei
profughi. Il Fronte popolare inoltre denuncia il “monopolio” dell’Anp
che non ha presentato la proposta di partecipazione al vertice in
Francia davanti all’Olp, per essere discussa da tutte le forze politiche
palestinesi. Oggi è prevista la liberazione di una deputata e leader
del Fplp, Khalida Jarrar, detenuta per oltre un anno da Israele.
Da
settimane Tel Aviv tenta di ostacolare l’iniziativa francese. Netanyahu
ha persino ripescato il Piano arabo di pace del 2002 che Israele non ha
preso in considerazione per 14 anni, pur di sparigliare le carte. A
nulla sono serviti gli sforzi di Parigi per convincerlo ad appoggiare
l’incontro. Il ministro degli esteri Jean-Marc Ayrault, il premier
Manuel Valls e l’inviato speciale di Hollande Pierre Vimont sono giunti
in diverse occasioni a Gerusalemme, dove però si sono trovati davanti a
un muro. La presenza oggi nella capitale francese del Segretario di
stato Usa John Kerry, letta inizialmente da alcuni osservatori come uno
schiaffo dell’Amministrazione Obama a Netanyahu, in realtà avrebbe il
fine di evitare che l’incontro vada “troppo avanti” nella formulazione
dei “parametri” di un eventuale negoziato. Indiscrezioni circolate nelle
ultime ore dicono che Usa e Israele hanno avuto consultazioni su come
affrontare insieme questa (piccola) sfida lanciata da Hollande per
rilanciare la trattativa israelo-palestinese.