il manifesto 23.6.16
Il Sì dilaga in tv e l’Agcom si imbarazza
Referendum.
Il presidente dell’Autorità ritarda la consegna dei dati alla
commissione di Vigilanza. Nei telegiornali Rai, chi è schierato per il
No alla riforma costituzionale ha avuto solo il 22% del tempo di
notizia. Chi la sostiene tutto il resto. Renzi e Boschi con il doppio
ruolo invadono tutti gli spazi: da soli coprono i due terzi dell’area
dei favorevoli
di Andrea Fabozzi
ROMA «Sono dati
delicati, possono essere soggetti a un uso improprio». Proprio così,
quando si presenta davanti alla commissione parlamentare di Vigilanza,
il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni ha
in tasca i dati sulla distribuzione degli spazi in tv tra i sostenitori
del Sì e i sostenitori del No al referendum costituzionale. Ma non vuole
darli al parlamento. Angelo Cardani, professore bocconiano scelto da
Mario Monti all’interno della sua cerchia di amicizie, a costo di
litigare con il presidente della commissione Roberto Fico (che aveva
chiesto i dati due settimane fa) e con un po’ di commissari – un
testimone riferisce di aver sentito un insulto, a microfono spento,
rivolto al grillino Airola, assai agitato – se ne va da palazzo San
Macuto concedendo appena una promessa: «Tra un’ora, il tempo di
consultarmi con i collaboratori, farò avere i dati. Li ho ricevuti poco
prima di entrare in macchina e non me la sento di darli».
Passa
un’ora, ne passano due, poi quasi tre quando alla commissione arrivano i
dati ancora su carta intestata della società che effettua i monitoraggi
per l’Agcom. Si riferiscono al periodo che va dal 20 aprile al 6 giugno
e certificano il dilagare dei sostenitori del Sì. Per i telegiornali
Rai raccontano di una prevalenza netta «nel tempo di parola» (l’audio
dei politici), 40% per il No e 60% per il Sì, che diventa clamorosa nel
«tempo di notizia (quello in cui parla il giornalista): 78,5% per il Sì e
21,5% per il No. La situazione si riequilibra nei programmi di
approfondimento, i talk show in crisi di audience: in questo caso il Sì
prevale di poco.
Interessante la classifica dei più presenti in
video, il primo posto non riserva sorprese. Matteo Renzi, nelle due
vesti di segretario del Pd e presidente del Consiglio, copre oltre il
50% dei tempi del Sì nei telegiornali, e il 34% nei talk show. Dietro di
lui Maria Elena Boschi, che ha il 24% nei talk e il 17% nei Tg. E nei
telegiornali si impone anche l’ex presidente della Repubblica
Napolitano, con quasi il 10% del tempo di parola. Interessante che tra i
sostenitori del Sì manchino i «tecnici», il primo non politico è
Benigni, al 12 posto, poco sopra Verdini, al 17esimo. Tra i sostenitori
del No, invece, il primato nei Tg spetta a Berlusconi con il 21% del
tempo, segue Di Maio dei 5 Stelle. Ma ci sono anche i costituzionalisti
Onida e Flick, il presidente dell’Anpi Smuraglia e il presidente del
comitato del No Pace, molto in basso (appena un minuto e 15 secondi)
malgrado sia stato proprio lui ad aver sollevato il caso dello
squilibrio informativo all’Agcom, un mese e mezzo fa.
La tesi di
Cardani è la stessa dei consiglieri del Pd: non c’è nessuna campagna
elettorale. Dunque nessun obbligo di par condicio, che la legge impone
solo 45 giorni prima della data (in questo caso) del referendum,
previsto a ottobre ma non ancora convocato. Peccato però che ai
telespettatori si presenti da mesi una realtà diversa. Non c’è
telegiornale o trasmissione di approfondimento dove non si parli del
referendum costituzionale. Renzi lo fa ogni giorno, i suoi ministri
quasi. «Fatti loro», replicano dal Pd. «I tempi dedicati alla
consultazione referendaria – sostiene il capogruppo del partito
democratico in commissione, Peluffo – sono frutto della libera scelta
delle forze politiche, che possono utilizzare i loro spazi come meglio
credono». È così, con un’interpretazione formalistica della legge, sia
l’Agcom che dovrebbe tutelare la parità di accesso ai mezzi di
informazione, sia la maggioranza in commissione, spiegano che non c’è
nulla da fare. Almeno fino all’inizio formale della campagna elettorale,
dunque per altri due mesi.
Eppure la stessa Agcom di Cardani, un
mese fa, resasi evidentemente conto dello squilibrio informativo, ha
deciso di mandare una «forte raccomandazione» al rispetto «dei principi
di completezza e imparzialità di informazione e di parità nel
trattamento». Dunque, ha detto il presidente della Vigilanza Fico
rivolgendosi direttamente a Cardani, «avevate i dati, altrimenti bisogna
pensare che avete fatto un richiamo a caso».
E così l’audizione
del presidente Agcom, che ha parlato per 50 minuti, senza rivelare i
dati tanto attesi, si è trasformata in uno scontro assai poco consueto
per questo genere di appuntamenti istituzionali. Cardani ha sostenuto
che i suoi uffici «hanno anche altro da fare» e che l’Autorità, a
differenza dei parlamentari, «non può trascurare i dettagli». Fico ha
ricordato che «si tratta di informazioni che la commissione e i
parlamentari hanno assolutamente diritto a ottenere». Nicola Fratoianni
di Sinistra italiana ha detto allora che bisogna «ripensare alle
funzioni e all’utilità delle strutture burocratiche dell’Agcom, visto
che non è in grado di rispondere alle esigenze istituzionali».
Ricevuti
finalmente i dati sull’informazione Rai, alla commissione mancano però
ancora quelli delle televisioni private. Anche lì l’impressione è che il
Sì stia dilagando.