il manifesto 21.6.16
M5S a Torino ha vinto su temi di sinistra”
Il
sociologo Semi: dalle periferie trascurate dal Pd fino ai no Tav, la
giunta Appennino unica nel panorama del movimento grillino
intervista di Marco Vittone
Il
voto di domenica ha spaccato in due la città: il nucleo che si estende
dal centro alla collina solidale con il sindaco uscente Piero Fassino,
abbracciato da un mantello di diverso colore, in questo caso a Cinque
Stelle. Giovanni Semi insegna Sociologia delle culture urbane e
Sociologia generale all’Università di Torino, tra i suoi testi più noti
Gentrification. Tutte le città come Disneyland? (Il Mulino, 2015) su
come riqualificazioni artificiose di quartieri, attraverso il
risanamento di aree popolari, il più delle volte con interventi di
speculazione immobiliare, provochino l’espulsione degli abitanti
originari, a favore di classi più agiate.
Professor Semi, si aspettava questo ribaltone clamoroso?
Di
questa entità in realtà no, avevo scommesso con un amico che avrebbe
vinto di poco il Pd. La cartina geografica del voto è chiara, segnala
due parti di città che, da tempo, non si parlano. E tutto ciò non può
essere semplicisticamente letto come un voto di destra o “contro”, ma
con una parte maggioritaria della città che non si rispecchia più nelle
cene in bianco e nelle feste del jazz ma chiede discontinuità. E lo fa
in modo anche consapevole, non si possono ridurre decine di migliaia di
preferenze a voto di protesta contro il governo in carica. È come se si
dicesse che non abbiano legittimità politica: emerge una richiesta di
rappresentanza e di un modello di sviluppo locale diverso.
È un passaggio storico, Torino è stata governata per 23 anni dal centrosinistra.
E
lo ha fatto con successo, se nelle ultime settimane quel consenso è
crollato è un fatto inedito. Il centrosinistra torinese ha preso dagli
anni Novanta in poi una direzione chiara e netta. Il potere, però,
logora; il mandato di Fassino è stato stanco e i suoi assessori non
hanno brillato per capacità creativa. Il deficit di bilancio ha
determinato un impoverimento nella gestione delle risorse, una
situazione che ha fatto implodere dall’interno la coalizione. Al
contempo, la città veniva da otto anni di crisi, con tassi di
disoccupazione elevati.
Torino era la città fabbrica, da vent’anni
si discute la sua riconversione, sembrava che la nuova via fossero la
cultura e i servizi. L’amministrazione di sinistra hanno provato a
pensarla come una Disneyland?
Sì, la via intrapresa è stata
quella. Il governo ha scommesso su cultura ed eventi, in parte a effetti
“Disneyland”: le piazze del centro destinate a manifestazioni di
esclusivo consumo. L’opera di cambiamento ha allontanato le fasce più
deboli. Il blocco sociale dei quartieri benestanti in queste elezioni ha
fatto una scelta di “conservazione”. Il centro di Torino è, per gli
affitti, più avvicinabile di quello di altre città italiane, ma per
esempio nel caso del risanamento del Quadrilatero c’è stata una politica
selettiva dei nuovi abitanti.
Qual è il grado di fattibilità del programma dei Cinque Stelle?
Al
momento sono più orientati a mettere in discussione le linee guida dei
governi precedenti, non è facile essendoci pratiche e relazioni
consolidate da vent’anni. Non è chiaro se in questa fase la nuova giunta
riuscirà a incidere su tematiche rilevanti come i posti di lavoro e il
welfare. Prerogativa che non è solo dell’amministrazione comunale.
Impostare nuovi rapporti industriali con questa Fiat sarà difficile.
Anche la rinegoziazione del debito richiede una posizione di forza, che
ora i 5s non hanno. Sono scettico sulla capacità nell’immediato di
cambiare la rotta. Dipenderà dalla reazione della città, in particolare
rispetto alle sue associazioni di categoria o a chi ha quote di potere.
Il primo gesto è l’aut aut all’ex ministro Francesco Profumo dalla Compagnia SanPaolo.
Un gesto per rassicurare il proprio elettorato. Comunque coraggioso, denunciando il recente aumento di stipendio.
Una delle critiche al Movimento 5 Stelle è che raccoglierebbe il voto di destra e populista. Cosa pensa?
Ci
sono due Cinque Stelle, uno a livello nazionale molto opaco nelle
dinamiche interne e problematico rispetto alle categorie classiche
destra-sinistra, e c’è un livello locale più autonomo, a Torino hanno un
registro più di sinistra che non hanno altrove, probabilmente per la
saldatura con il movimento No Tav.