il manifesto 21.6.16
Latina, nella città di mezzo il riscatto civile del sindaco medico
L'ex
roccaforte andreottiana e fascista, ora governata da Latina Bene
comune. Coletta: siamo trasversali, non di centrosinistra, simili al M5S
senza legami con i partiti
di Rachele Gonnelli
Cardiologo,
ex calciatore professionista quando il Pescara era in serie B, Damiano
Coletta è il nuovo sindaco di Latina, la seconda città più popolosa del
Lazio dopo Roma, famosa come una delle più nere – fu fondata Littoria
dal duce – e anche delle più mafiose, in un passato quasi presente,
dell’intera penisola.
Una città di mezzo, lambita dall’inchiesta
Mafia capitale e più ancora, negli anni recenti, dominata dagli intrecci
tra il potente clan stanziale dei Di Silvo, imparentato con i
Casamonica, e le cosche calabresi e campane – i Casalesi in particolare –
, che hanno ripetutamente tentato di infiltrare e conquistare i
traffici leciti e illeciti dell’Agro Pontino, fino a lambire l’area sud
di Roma, come ha scoperto l’inchiesta «Don’t touch» ora arrivata quasi
al suo epilogo.
Damiano Coletta ieri, appena uscito trionfante dal
ballottaggio con il candidato del centrodestra Nicola Calandrini, ha
voluto soprattutto ringraziare, nome per nome, il prefetto, il questore,
i comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza. Il suo
risultato «bulgaro» (75 % dei consensi al secondo turno )- ha
sottolineato in conferenza stampa – è «storico», «rivoluzionario», nel
senso che segnala una volontà di riscatto della comunità, «l’inizio di
una bonifica di Latina, il suo uscire dalla buca, dal tunnel, in cui era
finta tra malapolitica e mala-amministrazione».
Lui si definisce
«solo l’ostetrico di questo bambino che è nato» e ci tiene a precisare
che la sua lista denominata «Latina bene comune» non è di
centrosinistra, anche se ha ottenuto l’endorsement al secondo turno dal
candidato Pd Enrico Forte. Al neosindaco ha però fatto più piacere
l’appoggio finale dello scrittore «fascio-comunista» Antonio Pennacchi.
«Siamo
trasversali, che non vuol dire qualunquisti – spiega – ma radicati
nella comunità senza avere legami con i partiti, così abbiamo battuto la
rassegnazione dei cittadini che percepivano un’ineluttabilità
dell’occupazione dello spazio pubblico da parte della macrocriminalità».
Rapporti con i partiti non ne vorrebbe nemmeno ora che è alle prese con
la formazione della sua giunta e può permetterselo visto che con oltre
il 75 percento la sua maggioranza di venti consiglieri (uno in più,
sottratto al Pd) è largamente autosufficiente. «Sceglierò gli assessori –
promette il neosindaco – sulla base di un profilo di competenza, non
abbiamo nessuna cambiale da pagare».
Il suo movimento dai colori
giallo-verdi «Rinascita civile» è nato dalla triste fine della squadra
locale, il Latina-calcio, e ha preso fiato con la grande manifestazione
nazionale di Libera – oltre 100 mila giovani contro le mafie, per la
lotta alle povertà e al degrado sociale – che si svolse in città il 21
marzo di tre anni fa. E anche se Coletta ora spiega al telefono che
quella fu sì una manifestazione importante dal punto di vista
dell’immaginario, ma senza enfatizzarne il significato, nei suoi
discorsi e comizi di campagna elettorale hanno continuato a risuonare
parole come «comunità», «legalità», «asili e servizi sociali», «pulizia
dei comportamenti quotidiani oltre che intesa come decoro urbano»,
«diritto alla casa per chi lavora – sottinteso anche di immigrati e rom –
paga i contributi e manda i figli a scuola».
A Latina il meetup
cinquestelle non ha ottenuto il visto del direttorio, quindi non ha
potuto presentare la lista con il simbolo. «Organizzativamente non siamo
dissimili- dice Coletta- anche il nostro statuto ci vieta
apparentamenti».