il manifesto 20.6.16
Una sconfitta capitale
Virginia Raggi, M5S, è la prima sindaca di Roma
di Norma Rangeri
Il
numero clamoroso che crolla in testa a Renzi sarebbe da scrivere a
caratteri romani perché si tratta della valanga 5Stelle che ieri si è
abbattuta sulla Capitale con percentuali bulgare. Le prime proiezioni
sfioravano il 70% per la giovane Raggi, a vanificare la fatica di Sisifo
del povero Giachetti, doppiato dai consensi della futura sindaca di
Roma.
È la prima donna nella storia ad agguantare il governo della
Capitale. E non c’è dubbio che nella scelta di far correre due donne in
città importanti del paese, Raggi a Roma e Appendino che vince a
Torino, c’è una marcia in più del Movimento 5Stelle.
Si compensa
l’inesperienza di queste future prime cittadine (hanno alle spalle una
consiliatura nei precedenti governi comunali), con l’attenzione alla
domanda di cambiamento radicale reclamato dalla cittadinanza:
specialmente, come si è visto dalla geografia dei quartieri, di quella
parte della società che paga i prezzi più pesanti della crisi.
La
pesante, e inaspettata, sconfitta di Fassino a Torino è l’altro
risultato che mette il piombo all’avventura nazionale di Renzi. Cade
proprio sul fronte torinese la linea d’attacco del
renzismo-marchionnismo rappresentata da un renziano ante-litteram come
Fassino, antico dirigente del Pci-Pds-Ds-Pd, il partito che oggi perde
una città che guidava da più di vent’anni.
E neppure la difficile
vittoria di Sala a Milano, raggiunta con fatica e probabilmente ottenuta
grazie al soccorso rosso della sinistra e dei radicali, riesce a
pareggiare il pesante debito elettorale del partito democratico.
Con
la conferma piena della vittoria di De Magistris a Napoli, il Pd di
Renzi esce dal match delle urne come un pugile suonato, perché ai
risultati dei ballottaggi va affiancato quello del crollo registrato dal
Pd già al primo turno. Dalle europee del 2014 sembra passata un’era
geologica.
È basso ma non inedito il dato dell’affluenza che si
profila intorno a un 50% dei votanti. Le elezioni comunali, un tempo le
più partecipate, fin da quando inaugurarono, nel 1993, l’elezione
diretta dei sindaci, oggi si rivelano poco amate e meno frequentate
dagli elettori italiani. E tutto fa pensare allo scenario possibile
dell’Italicum, quando ci potremmo ritrovare in una situazione analoga
alle elezioni politiche, con una nuova legge elettorale che prevede il
ballottaggio senza nessuna soglia per il premio di maggioranza.
Configurando così un governo nazionale espressione di una minoranza di
votanti.
Un obiettivo del resto perseguito con tenacia e
perseveranza da Renzi, politico allergico alla filosofia decoubertiana,
l’importante per lui non è partecipare ma vincere. Le urne dicono che da
solo perde. La strategia dell’autosufficienza fa solo terra bruciata.