il manifesto 11.6.16
M5S-Pd, caccia a sinistra
Amministrative
Roma. Raggi e Giachetti rispondono a Fassina su Huffington Post,
metallica lei, piacione lui, ma tutti alla ricerca di un tesoretto utile
alla vittoria. Alta tensione in Sinistra italiana. Giordano: la scheda
bianca è un tragico errore
di Daniela Preziosi
ROMA
Metallica lei, piacione lui. Entrambi hanno sfoderato tutto il
vocabolario caro alla sinistra-sinistra, facendo mostra di
padroneggiarlo con disinvoltura. Virginia Raggi e Roberto Giachetti
rispondono alle domande rivolte da Stefano Fassina, a mezzo Huffington
Post, ai due candidati del ballottaggio per il Campidoglio. Lei con tono
formale – del resto perfettamente adatto al richiedente che si nomina
come «il sottoscritto» – lui invece con lo stile friendly, pardon
amicone, che è tutto suo ma che ricorda così tanto quello del primo
Rutelli. Parte il «sinistrometro».
Al candidato di Sinistra per
Roma, per lo più snobbato dai due in campagna elettorale (ma no, giura
Giachetti, «ho chiesto più volte di confrontarmi con te in passato»)
stavolta i due rispondono solleciti: non è andato bene, e però oggi quel
tesoretto di quasi sessantamila voti (il 4,45 per cento) può essere
determinante per l’una e per l’altro. Fassina lo sa, e adesso consuma
con calma la sua scelte. In realtà quasi da subito ha parlato di scheda
bianca o scheda nulla, facendo saltare i nervi a parecchi compagni della
sua Sinistra italiana.Nel nuovo abbozzo di partito la scelta «scheda
bianca», peraltro quasi un debutto nella sinistra politica, viene
considerata da alcuni «un tragico errore». Lo ha scritto Franco
Giordano, ex segretario di Rifondazione, ieri sull’Unità giornale
ovviamente a caccia di voti per i candidati Pd, da Roma a Torino a
Milano. Il giorno prima sulle stesse colonne Ciccio Ferrara, deputato di
Si, metteva in guardia dall’abbandonare la sfida di un centrosinistra
«modello Zedda», il sindaco di Sel vittorioso a Cagliari, in coalizione
con il Pd. Giordano spiega che «quando c’è la destra bisogna votare
contro la destra»: e però parla dei 5 stelle. Non è un mistero che
molti, vicini a Fassina, tirano per i 5 stelle. E lo stesso Fassina ha
sempre usato toni durissimi su Giachetti, avversario interno anche ai
tempi del Pd. La rottura in Si è solo rinviata.
Intanto Fassina,
dopo aver issato la scheda bianca, ha capito che invece poteva far
fruttare meglio il suo piccolo ma utile capitale di voti, e quindi ha
rivolto cinque domande ai due: rinegoziazione del debito, referendum per
le Olimpiadi 2024, zero consumo di suolo, no alle privatizzazioni di
Ama, Atac, Acea, Farmacap e Assicurazioni di Roma (e piena attuazione al
referendum sull’acqua) e infine riscrittura della delibera 140 per
«dedicare il patrimonio immobiliare del Comune di Roma a fini sociali».
I
due ce l’hanno messa tutta per corteggiare il lettore ’de sinistra’.
Chi ha vinto? Fassina per ora si è limitato a un laconico ringraziamento
su twitter. Sul debito Raggi segna il primo punto promettendo la
rinegoziazione del mutuo che serve a pagarlo (Fassina la pensa uguale)
ma anche attaccando la «Troika all’interno del governo del Pd che ha
messo le mani sulla Capitale e che tutt’oggi, con
Giachetti-Renzi-Verdini ha intenzione di svenderla al miglior
offerente». Naturalmente i risparmi andranno agli asili pubblici e alle
scuole comunali e alle insegnanti «fin qui completamente abbandonate».
Ma anche Bobo Giachetti risponde sì: rinegoziazione del mutuo e risorse
liberate «in via prioritaria alla spesa sociale».
Sulle Olimpiadi,
si sa, Giachetti parte con handicap. Lui è per far svolgere a Roma il
grande evento, ed ha incassato l’endorsement (indiretto ma efficace) del
capitano Totti. Qui il candidato Pd spiega all’ex competitor che i
soldi che sarebbero destinati alla città per le Olimpiadi diversamente
non arriverebbero nelle casse comunali. E sulla consultazione non è
d’accordo «andava fatto prima», dice spargendo sale sulle ferite aperte e
ricordando che Sel votò sì ai tempi di Ignazio Marino «ad ogni modo, se
saranno raccolte firme sufficienti il referendum si terrà». Ma qui non
fa punto neanche Raggi, che vuole i voti di sinistra ma di più quelli
dei romanisti. Quindi pattina sull’argomento: «La posizione di M5S sulle
Olimpiadi non è pregiudizialmente sfavorevole, ma la Capitale ha la
necessità di occuparsi prima dell’ordinario e poi dello straordinario».
Segna
un punto invece sul consumo di suolo: non solo per la risposta
durissima che scrive, lei o chi per lei, ma anche per una cosa che nel
post non c’è ma si sa: ha chiesto all’urbanista Paolo Berdini di fare
l’assessore, un uomo impegnatissimo a sinistra e intransigente
detrattore del «Modello Roma» di Rutelli e Veltroni. Musica per le
orecchie di Fassina. Sulle privatizzazioni promette la difesa «strenua»
del 51 per cento di Acea e l’attuazione del referendum del 2011, ma
quanto al management «si faranno le opportune valutazioni». E cioè usa
una grande cautela dopo le affermazioni che le avevano fatto piovere
critiche pesantissime (avevano accusata di aver fatto perdere l’Acea in
borsa). Sì al controllo pubblico delle aziende dei servizi. Qui
Giachetti, da deputato del partito che ha maciullato il risultato del
referendum in aula, invece ha bisogno di molte parole per spiegarsi:
«Non abbiamo in programma di intervenire sull’assetto proprietario di
natura pubblica di Acea, Ama e Atac», ma su Assicurazioni di Roma e
Farmacap «valuteremo». Giachetti con onestà non vuole fare una parte del
contrario pregiudiziale alle privatizzazioni, che non è sua: «È
impensabile», scrive, «che aziende non strategiche con le loro perdite
consumino risorse che potremmo utilizzare meglio altrove».
Così
come la delibera sul patrimonio pubblico: Giachetti non fa finta di non
capire e dice che è pronto a riesaminarla, ma niente buonismo: «Si
debbono trovare meccanismi per equilibrare la prima esigenza – quella
economica – con un’altra, altrettanto importante, di carattere sociale».
Qui Raggi affonda: rivendica di essersi confrontata «con le realtà
sociali al Nuovo Cinema Palazzo» (c’era anche Fassina, ma non Giachetti,
e lo sottolinea), e improvvisa una grande attenzione per «tutti quei
cittadini che si attivano e si mobilitano per fini sociali fungendo da
aggregatori culturali nei quartieri». Né mette meccanicamente al primo
posto «il rispetto della legalità», come aveva fatto incautamente in
un’intervista al manifesto prima del voto. Deve averla fatta riflettere
anche la contestazione ricevuta al Parco Schuster, durante un comizio,
da parte dei militanti dei movimenti della casa, Action in prima fila,
che avevano denunciato pubblicamente che la signora non aveva neanche
voluto riceverli. Ora si è fatta più furba, e al tema stavolta arriva
più morbida: serve un bando, «ciononostante è evidente che chi negli
ultimi anni ha dimostrato concretamente di essere parte socialmente
attiva debba ricevere adeguata considerazione». Una mezza – non più di
mezza – promessa di messa a valore delle occupazioni a scopo sociale in
atto.