venerdì 10 giugno 2016

il manifesto 10.6.16
Contro il «lanciafiamme» di Renzi la minoranza lancia Speranza
Democrack. Dopo i ballottaggi arriverà l’ultimatum: o l’Italicum cambia o voteranno no al referendum costituzionale
di Daniela Preziosi

ROMA Alla fine non è piaciuta tanto neanche a qualche renziano del Nazareno la scelta di dire in tv che «noi nel partito ci entreremo con il lanciafiamme subito dopo i ballottaggi», come ha fatto Renzi mercoledì sera da Lilli Gruber a Otto e mezzo (La7). Il problema non è l’eccesso di cattivismo del premier-segretario, il problema è che alla vigilia dei ballottaggi, con un partito che ha dato un chiaro segnale di disamore al primo turno delle amministrative, un tono più unitario pagherebbe di più nelle urne.
La minoranza non l’ha presa bene, ma non leva gli scudi. Anzi c’è quasi soddisfazione per la presunta gaffe del segretario: «Mi consegno», dice Pier Luigi Bersani alzando le mani. Il lanciafiamme è un’arma «più pericolosa per il soldato» che la usa, scherza Gianni Cuperlo. La prende decisamente male invece Federico Fornaro, in questi giorni oggetto di attenzioni non benevole dell’Unità: «Ma se l’avesse detta Berlusconi cosa sarebbe successo?».
Ma la minoranza per lo più non reagisce. La consegna è quella di non rispondere fino ai ballottaggi nell’inutile tentativo di non essere accusata di puntare sulla sconfitta del Pd. L’affondo arriverà presto. Prima, però,bisogna vedere come va a finire il film, a Roma e ancora di più a Milano, le due città in bilico che potrebbero segnare la prima plateale sconfitta di Renzi. Poi, il 24 giugno, l’area riformista – i bersaniani – ha convocato al Nazareno un’assemblea di dirigenti e amministratori. «Sarà un momento di dibattito dopo le amministrative per fare un’analisi approfondita del voto» spiega Nico Stumpo. L’appuntamento dovrebbe cadere subito prima della direzione Pd , annunciata dal segretario ma non ancora convocata dal presidente Orfini.
Ma in realtà il discorso andrà più avanti. Lo hanno deciso in una riunione mercoledì al Nens, il centro studi di Bersani e Visco. L’idea è quella di lanciare «un Pd diverso, a partire dalle politiche economiche», di prepararsi alla legge di stabilità «perché lì si capisce a chi vuole parlare il Pd: a chi ha più bisogno, o si continua su una strada che qualche voto ce lo ha fatto anche perdere?». Si parlerà anche di partito, riprovando l’affondo sul doppio ruolo del premier-segretario. E di referendum costituzionale: la minoranza chiederà di nuovo di rimettere mano all’Italicum come condizione per votare sì a ottobre. Tutte cose a cui Renzi però ha già risposto no. Ma è vero che l’Italicum ha fatto saltare le alleanze nei comuni. L’esito dei ballottaggi si vedrà, ma Bersani è già tornato sul suo cavallo di battaglia: «Ricostruire il centrosinistra».
Intanto dall’altra parte, Sinistra italiana è finita in una specie di stallo, come racconta chi ha partecipato ieri alla riunione a porte chiuse del comitato promotore. Lo scarso successo dei candidati e alcune – poche – significative vittorie delle coalizioni , come a Cagliari, sta conducendo ad uno scontro interno molto ruvido. Soprattutto in vista dei ballottaggi Pd-M5S di Roma e Torino. Ieri sull’Unità il deputato Ciccio Ferrara ha invitato i suoi a prendere la vittoria della coalizione cagliaritana come «un insegnamento». Se Fassina a Roma lancia cinque domande a Raggi e Giachetti ma nei fatti da tempo esclude affinità con il candidato Pd, nei municipi alcuni candidati sconfitti stanno decidendo come orientare i propri elettori. Non tutti escludono di votare il candidato democratico.
All’assemblea della minoranza del 24, presente anche Cuperlo, di fatto partirà la corsa di Roberto Speranza alla segreteria per un congresso che con ogni probabilità sarà anticipato all’inizio del 2007. Certo la sfida non preoccupa Renzi. Perché tutto dipenderà dall’esito del referendum di ottobre. Se vincerà il sì, il congresso sarà una formalità, se vincerà il no – cosa improbabile ma al momento non impossibile – l’effetto sul partito potrebbe essere tale da riaprire tutti i giochi. Magari ’stappando’ il Pd con nuovi protagonisti.