il manifesto 10.6.16
Il continente rimosso del «nuovo pensiero»
A proposito di «Quel che resta di Marx» di Giuseppe Vacca
di Valentino Parlato
Ho
letto e riletto Quel che resta di Marx. Rileggendo il Manifesto dei
comunisti (Salerno Editrice, pp 98, euro 8,90), questo distillato libro
di Giuseppe Vacca e mi ha molto intrigato. Provocatorio, il titolo
sembrava indicare quel che di Marx andrebbe buttato nella spazzatura
della storia e, invece, al contrario, Vacca ne ribadisce l’attualità del
pensiero, fondandosi sulla lettura del Manifesto e senza arrampicarsi
sui Grundrisse. La tesi di questo saggio – scrive Vacca a conclusione
della sua premessa – è che la carenza di ricostruzioni soddisfacenti
della storia mondiale contemporanea sia dovuta anche all’emarginazione
del pensiero di Marx.
Tuttavia, invece di invocarne un generico
ritorno, si vorrebbe dimostrare che «rimosso il continente Marx dal
pensiero contemporaneo, questo funziona male perché non riesce a dare un
fondamento storico e un respiro strategico all’agire politico». E,
sempre su Marx, decisiva è l’insistenza di Vacca nel respingere la sua
corrente riduzione a economista, per ribadire che Marx è un politico nel
senso pieno della parola. Non un politicante (oggi il nostro mondo ne è
pieno), ma un politico e un politico straordinario, che fonda il suo
agire su una vasta cultura.
I grandi mutamenti realizzatisi con lo
straordinario progresso tecnologico e, forse ancora di più, con la
globalizzazione hanno cambiato la configurazione storica del movimento
operaio, ma anche del capitalismo. Bisogna quindi costruire un «nuovo
pensiero», che trova ancora una guida nel pensiero di Marx, che va
studiato in rapporto alle trasformazioni del presente e alla sua
complessità nella quale un causa può avere anche un effetto diverso da
quello scontato.
Le pagine di Vacca vanno allora lette e rilette e
sempre in rapporto col pensiero di Marx, quindi con una seria lettura
dei suoi scritti: il mondo è in continuo cambiamento, ma Marx resta
ancora in campo.