Corriere La Lettura 12.6.16
Un concerto a casa tua. Ci pensa il sito
di Nicola Campogrande
Vi
piacerebbe ospitare una serata di musica da camera nel salotto di casa
vostra, spendendo solo dieci dollari e conoscendo persone nuove? In
molte città degli Stati Uniti potreste farlo, grazie alla piattaforma
online «Groupmuse», che lo scorso anno ha organizzato più di 300
concerti. Il meccanismo è semplice e a suo modo geniale. Chi desidera
mettere a disposizione la propria abitazione valuta lo spazio
disponibile, calcola quante persone potrebbero sistemarvisi (anche solo
dieci), fissa una data e contatta la piattaforma. Non avrà altre
incombenze, se non quelle consuete di un padrone di casa, e se non ci
saranno abbastanza sedie, poltrone o divani non sarà un problema, perché
Groupmuse incoraggia la creazione di ambienti informali, nei quali ci
si accomoda per terra, magari su un cuscino.
Come precisato in
modo molto esplicito sul sito, l’anfitrione non dovrà nemmeno prevedere
di comprare da bere: i partecipanti sono tenuti a portare la propria
bottiglia, se non vogliono restare all’asciutto. Sarà però suo compito
garantire l’atmosfera giusta: come precisato nelle istruzioni online,
non si tratta di musica di sottofondo, ma di concerti; e questa «è
musica nella quale sprofondare, non musica sulla quale fare
conversazione».
A quel punto interviene la piattaforma, che
scrittura una formazione di giovani professionisti della musica classica
(dal solista al sestetto) e inserisce sul proprio sito la data, il
luogo e il programma del concerto, che in media dura 45 minuti.
Groupmuse precisa poi sul sito quanti posti liberi sono ancora
disponibili e chi desidera partecipare, previa registrazione, non deve
far altro che presentarsi all’appuntamento, comportarsi in maniera
educata — la piattaforma fornisce indicazioni dettagliate sulla
«tolleranza zero» nei confronti di comportamenti considerati fastidiosi o
scorretti — senza dimenticare la propria bevanda e un contributo
finanziario per pagare i musicisti, da stabilire a propria discrezione
ma partendo da un minimo di 10 dollari.
Riunite domanda e offerta,
si realizza dunque il concerto. E, dal crescente successo, si direbbe
che la cosa avviene con la soddisfazione di tutti. Vi preoccupate per i
giovani musicisti, che temete vengano presi per la gola? Con la consueta
chiarezza statunitense, la piattaforma precisa quanto ogni interprete
ha guadagnato in media nell’ultimo quadrimestre: 130 dollari per serata,
che, nello specifico, sono una cifra onesta e di mercato. Nel 29% dei
casi il compenso è salito oltre i 150 dollari; nel 19% è stato invece
inferiore ai 50. Con buon senso, la piattaforma cerca di bilanciare il
numero di ascoltatori previsti e quello dei musicisti convocati (per
dieci persone è meglio un solista di un quintetto…); e si impegna a far
guadagnare almeno 50 dollari a ogni esecutore. Starà poi all’abilità dei
singoli conquistarsi la riconoscenza, anche finanziaria, del proprio
pubblico.
Dopo due anni di rodaggio, e l’espansione da Boston a
diverse altre città statunitensi, Groupmuse offre ora concerti anche per
i luoghi di lavoro. Li chiama Groupmuse at work , costano dai 2 mila ai
3 mila dollari, a seconda del numero di musicisti impegnati, e vengono
proposti con il saggio intento di ispirare e rendere dunque più efficace
la vita lavorativa di uffici e capannoni. Come, senza dubbio, poi
avviene (si pensi a quanto in questo senso fanno, anche in Italia,
alcuni imprenditori, capaci di inseguire la perfezione dei propri
prodotti innalzando la qualità della vita dei propri dipendenti con
iniezioni di cultura ed arte).
Ora, per chi non ha avuto modo di
studiare un po’ di storia della musica l’esperienza di Groupmuse suona
come rivoluzionaria. Lo è la modalità operativa, che utilizza un social
network per realizzare incontri ed esperienze reali, e intense, come la
condivisione dell’ascolto della musica classica. Non certo nello spirito
di un’attività musicale casalinga, che era prassi comune
nell’Ottocento, quando la borghesia cominciò a riprodurre in piccolo,
nel salotto di casa, le modalità di fruizione che erano state tipiche
dell’aristocrazia ormai decaduta. E, così come il principe Nicola I
Esterházy si dilettava a suonare il proprio baryton, una sorta di viola
da gamba bassa per la quale aveva commissionato a Franz Joseph Haydn,
proprio dipendente, diverse partiture, i più appassionati membri della
nuova borghesia si dedicavano alla pratica di qualche strumento, e le
celebri schubertiadi, per le quali Franz Schubert ha composto molti
capolavori, erano serate nelle quali ci si ritrovava, tra amici, per
fare musica insieme, riunendo dilettanti e professionisti nella gioia
della condivisione.
Se è vero che per i nativi digitali
condividere significa esclusivamente cliccare su un’icona, è anche vero
che l’ascolto di un concerto di musica classica, a smartphone spenti e
con il desiderio di «sprofondare» nel linguaggio sonoro, è forse
l’esperienza di condivisione reale più intensa che ci sia rimasta.
Groupmuse l’ha capito benissimo, e su questo sta costruendo il proprio
successo.