Corriere 9.6.16
Gli 11 milioni di italiani che rinunciano a curarsi
di M. D. B.
Le
file d’attesa per certi esami sono insostenibili e chi può li fa in
privato, a spese proprie. Oppure rinuncia a cure e controlli perché non
può pagare. Fenomeno in continua crescita. Secondo una ricerca svolta da
Censis e Rbm (Assicurazione salute) sono 11 milioni gli italiani che
non hanno trovato risposta nel servizio sanitario pubblico, i cui ticket
sono diventati per molti cittadini inaccessibili, equiparabili ai
tariffari del privato. Nel 2012 erano 9 milioni. I dati presentati nel
Welfare day di ieri scendono nei dettagli. I più colpiti sono gli
anziani, 2,4 milioni, seguiti dai millennials, nati tra il 1980 e il
2000. In due anni la spesa privata è aumentata di 80 euro a persona. La
popolazione invecchia, i bisogni aumentano, la sanità pubblica malgrado
costituisca tuttora un bene prezioso, con un budget di 110 miliardi,
sempre a rischio tagli, non riesce più a configurarsi come «universale».
Permane il problema delle liste di attesa. Secondo il ministro della
Salute Beatrice Lorenzin un intervento efficace sarebbe valutare i
manager delle aziende sanitarie anche in base alla capacità di eliminare
le code. Un’idea rimbalzata più volte nelle passate amministrazioni ma
che ha funzionato poco. Secondo Isabella Mastrobuono, docente di
organizzazione sanitaria alla Luiss, la forbice continuerà ad allargarsi
e aumenterà il ricorso a pacchetti assistenziali integrativi. Oggi 10
milioni di cittadini sono iscritti a fondi e casse professionali e
utilizzano prestazioni pari a 4-5 miliardi all’anno sui 32 di spesa per
cure private. Più richiesti gli esami radiologici, visite specialistiche
e analisi di laboratorio. Per la Mastrobuono «il servizio pubblico è un
patrimonio da tutelare ma sarebbe bene avviare un dialogo con
l’assistenza integrata».