Corriere 9.6.16
Il senso malato del possesso che non ha nulla dell’amore
di Claudio Mencacci
Un
uomo di 37 anni, a Spilimbergo (Pordenone), uccide la fidanzata di 29
che aveva deciso di lasciarlo. Poi crea un gruppo su WhatsApp che chiama
«Addio» per comunicare la sua scelta a parenti e amici. Infine si spara
un colpo di pistola in testa. Come in altri delitti contro le donne la
motivazione apparente è la non accettazione dell’abbandono. Troppo
spesso vengono date giustificazioni (inaccettabili) legate alla gelosia.
Ma dietro c’è altro: il senso di proprietà, il bisogno di controllo,
l’ostilità, l’odio e l’invidia. Che nulla hanno a che vedere con
l’amore. Nell’eccesso di gelosia c’è egoismo, un amore con metastasi di
odio.
L’ orrore a cui assistiamo in queste giornate, legato
all’aumento dei delitti contro le donne, indica come motivazione
apparente la non accettazione dell’abbandono. È bene chiarire fin da
subito che questi atti di violenza non hanno giustificazioni né
attenuanti, né tantomeno si tratta di persone, nella stragrande
maggioranza dei casi, affette da patologie mentali. Troppo spesso
vengono date delle giustificazioni (inaccettabili) legate alla gelosia
che purtroppo ancora e troppo spesso non consentono di riconoscere
quello che c’è dietro: il senso di proprietà, il bisogno d controllo ,
l’ostilità, l’odio e l’invidia. Esiste un continuum tra una gelosia
fisiologica e una gelosia che progressivamente si trasforma in
patologica. La difficoltà sta proprio nell’individuazione della linea di
demarcazione: nel non confondere l’amore con queste forme di possesso,
che nulla hanno a che vedere con l’amore.
Nell’eccesso di gelosia
c’è egoismo, un amore con metastasi di odio. Assistiamo spesso a
un’escalation della gelosia: aumentano i dubbi, si intensificano i
controlli alla ricerca di una prova, la ferita narcisistica di questi
uomini si approfondisce: non tollerano il dolore per un distacco, né il
peso di una separazione, né l’accettazione di una realtà (il rapporto è
finito). Per loro il rapporto si fonda su una sorta di proprietà
intangibile, non accettano l’idea che un accordo vive e si rinnova
finché entrambi lo valutano fertile. E non considerano la relazione come
dialogo, scambio, rispetto, ma un rapporto tra chi domina e chi è
sottomesso, non riescono neppure a concepire la condizione di diventare
un ex. La risposta è la rabbia, violenza nei confronti di chi dimostra
di non essere un oggetto per l’altro e non accetta un copione
fallimentare.
Questa non accettazione è parzialmente spiegabile
con il fatto che questi uomini non sono attrezzati, né vogliono
acquisire strumenti, per tollerare la perdita. La vita è un susseguirsi
di perdite (si perdono la giovinezza, i genitori, i figli quando
crescono, il lavoro invecchiando, ecc..) e occorre attrezzarsi per
superare quelle che sono inevitabili demoralizzazioni, tristezze e
depressioni. Le domande da porsi oggi sono le seguenti: fino a che punto
è tollerabile la gelosia? Perché continuiamo a confondere l’amore
passionale con la gelosia passionale? Cosa fare per avviare
un’educazione sentimentale e affettiva in grado di condannare l’eccesso
di gelosia, come avviene in altri campi, con l’omofobia o la xenofobia?
Gli uomini devono essere educati fin da giovani a rispettare e a non
usare violenza verso le donne, ma parallelamente le donne devono
imparare a difendersi e a denunciare queste violenze riconoscendo fin
dall’inizio che un partner che manca loro di rispetto, che eccede nel
controllo, che alza le mani, non va accettato e andrebbe lasciato senza
paura.
I sentimenti si modificano nella società e nella cultura
che li animano, è arrivato ora il tempo di bandire moralmente ed
eticamente l’eccesso della gelosia e di far crescere anticorpi contro la
non tolleranza delle perdite e delle separazioni. La gelosia, che
Shakespeare chiamava «il mostro dagli occhi verdi», va differenziata
dall’invidia e va controllata nelle sue manifestazioni con grande
attenzione. Sia gelosia sia invidia sono legate a una bassa autostima
spesso mascherata da emozioni sgradevoli come rabbia, rancore, ostilità.
Entrambe, se non tenute a bada, possono sfociare in violenza. La frase
«né con me né senza di me» premedita la possibilità di un omicidio
spesso seguito dal suicidio di chi lo commette. Come scrive Paul Müllen
«la gelosia è un sentimento da sfuggire se possibile, da controllare se
non si riesce a sfuggirne, da curare se non riesce a controllare».
(Direttore Neuroscienze ASST Fatebenefratelli Sacco Pres. Società italiana psichiatria)