mercoledì 8 giugno 2016

Corriere 8.6.16
Un Pd nervoso fa fatica ad analizzare i risultati
di Massimo Franco

Una cauta «benedizione» del quindicinale dei gesuiti, La Civiltà cattolica. E una mano tesa dal candidato del centrodestra a Milano, Stefano Parisi. Le aperture di credito al Movimento 5 Stelle si stanno infittendo, e questo rende più nervosa l’analisi del dopovoto da parte del Pd. Nessuno contesta a Matteo Renzi il ruolo di premier. Ma è criticato quello di segretario del partito. I nemici del doppio incarico tendono a dire, in modo più o meno larvato, che ha sbagliato l’alleanza con il gruppo di Denis Verdini; e che ha trascurato le Amministrative, concentrandosi solo sul referendum di ottobre sulle riforme.
Per questo i quindici giorni che separano dai ballottaggi delineano una rimonta difficile su Roma. E mettono un punto interrogativo imprevisto sulla vittoria di Giuseppe Sala a Milano: la città strategica per dare un segno davvero politico a quanto accade. Confermare una giunta di sinistra, per Palazzo Chigi sarebbe importante. Non a caso, un centrodestra sbandato accarezza come una battaglia campale quella nel capoluogo lombardo. Renzi riconosce la debolezza di alcuni dei candidati a sindaco. Ma i suoi avversari interni non vogliono fargli sconti.
La stessa rapidità con la quale ha disdetto l’alleanza con Verdini e il gruppo Ala è accolta con fastidio. L’idea che il premier l’abbia subita non attecchisce, nella minoranza del Pd. Viene vista come un impulso a rivendicare le vittorie e a trasferire sugli altri le sconfitte. Ma sarebbe singolare anche che il partito attribuisse solo a lui le responsabilità. Lo scontro interno e la voglia di intestare a Renzi un’eventuale sconfitta pesano sui risultati mediocri. Semmai, si coglie la difficoltà a analizzarli con freddezza. Tra il vertice del Pd che a caldo rivendica il successo nei Comuni, ma poi ingaggia una guerra dei numeri col M5S e commissaria Napoli, la differenza è vistosa.
La stessa decisione di virare decisamente a sinistra in vista dei ballottaggi riflette l’esigenza di trovare sponde sottovalutate in precedenza; e di recuperare almeno quel 5 per cento e più di consensi che, secondo l’Istituto Carlo Cattaneo di Bologna, sono passati dai Dem nel serbatoio di Beppe Grillo o della Lega, sia a Torino che a Bologna. E a Roma e Napoli infuria la polemica tra i dirigenti messi da parte, e Renzi e il presidente del Pd, Matteo Orfini, bollati come dilettanti».
Perfino un esponente di solito cauto come il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, adesso sostiene che «non ci voleva un genio per capire che allearsi con Verdini non portava grandi voti al Pd, neanche a Napoli». E invita a guardare a sinistra. Insomma, l’attacco al segretario è in atto. E, a seconda di come andranno i ballottaggi, potrebbe diventare un’offensiva in piena regola. Il voto sta avendo effetti politici, eccome. E Renzi dovrà guardarsi anche da Verdini, liquidato in un amen.