martedì 7 giugno 2016

Corriere 7.6.16
Sinistra «Problema gigantesco nel Pd»
Bersani: ma ora non molliamo
intervista di M. Gu.

ROMA C’è una frase, in bersanese, che meglio di tanti giri di parole racconta lo stato d’animo dell’ex segretario all’indomani del collasso elettorale dem.
«Finalmente qualcuno si accorgerà che c’è una mucca in corridoio», ha detto Pier Luigi Bersani ai collaboratori. E l’intento non era quello di farli sorridere, visti i dati allarmanti piovuti sul Nazareno. Nella metafora bersaniana la mucca è il «problema gigantesco» che il leader del Pd si ostinerebbe a non vedere e che la minoranza rivendica di aver indicato per mesi, inascoltata. Ma il 19 giugno ci sono i ballottaggi e la linea di Bersani è improntata alla cautela. Non «sparare sulla croce rossa». Rimandare l’analisi del voto a dopo le amministrative. Tutelare quel che resta della «ditta» e battersi sul territorio per «portare a casa i risultati». Perché, ragiona Bersani, la situazione è «così grave» che si rischia di peggiorare il quadro: «Ricordiamoci che la volta scorsa abbiamo perso a Livorno e a Perugia...».
La preoccupazione del leader della sinistra è alle stelle, la rabbia anche. Perché Renzi ha puntato tutto sul referendum, sottovalutando le amministrative? Perché ha impugnato la riforma costituzionale come un’arma, col rischio di spaccare il Paese? Perché insiste con l’Italicum? E perché ha cercato il sostegno di Verdini, allontanando gli elettori di sinistra? Persino Matteo Orfini ammette che «dove c’era un’alleanza con Ala non siamo andati bene» e invita il partito a «riflettere e prenderne atto»...
Lo stato d’animo dei bersaniani è scolpito nei numeri del senatore Federico Fornaro, autore del recente saggio Fuga dalle urne : «Nei sette capoluoghi di Regione il Partito democratico perde il 4,5 per cento, passando dal 26,1% al 21,6% di oggi». E ancora: «In numero di voti assoluti il calo è da 928 mila a 587 mila». Cifre che servono a sottolineare come, ai tempi di Bersani e di Epifani, la caravella del Pd veleggiasse in acque migliori.
Il primo ad attaccare è Roberto Speranza. Lo sfidante di Renzi ritiene preoccupante l’avanzare delle forze antisistema nelle aree di disagio delle grandi città e, a RadioUno Rai , chiede al gruppo dirigente di occuparsi «esclusivamente dei ballottaggi».
La minoranza invoca unità e rimanda le polemiche precongressuali, ma su Verdini e il doppio incarico di Renzi non fa sconti. «Il Pd è molto più debole quando ha in testa il partito della nazione», insiste Speranza. E rinnova la richiesta di un leader che si occupi a tempo pieno del partito: «Fare il premier e il segretario non è facile».
Gianni Cuperlo vede un «distacco preoccupante» tra il Partito democratico e gli elettori di sinistra e, su Facebook, spiega «la difficoltà, il disagio, il dissenso» dei tanti che hanno deciso di «mandare un segnale» a Renzi. Si è persa la «connessione sentimentale» con la base e rispondere con un «tanto a ottobre vinciamo noi» è, per Cuperlo, «un mix di rimozione e scarsa responsabilità».
E dunque l’ex presidente sprona il premier a mollare la «strada a fondo cieco» del referendum come «sciabola per dividere la nazione» e gli consiglia di cambiare l’Italicum. Se non vuole rischiare che, alle politiche, vadano al ballottaggio «il Movimento 5 Stelle e una destra ricompattata».