Corriere 3.6.16
Antonia Arslan
«Segnale importante. Lo dimostra la reazione furiosa dei turchi»
intervista di Alessandra Coppola
Sono
cento e un anno eppure c’è ancora bisogno di ribadirlo: «Non è stata
una strage, per quanto grave; non si è trattato di un massacro come pure
ce n’erano stati alla fine dell’Ottocento ad opera del Sultano Rosso.
Nel 1915 il popolo armeno ha subito un genocidio».
Antonia Arslan,
che cosa significa usare questo termine — genocidio — per indicare la
morte di un milione e mezzo di armeni sotto l’Impero ottomano?
«Vuol
dire che si è trattato di uno sterminio pianificato dall’alto, da un
governo. Come poi succederà per gli ebrei, o in Ucraina, o ancora in
Ruanda. Lo sterminio di una minoranza per motivi etnici, politici o
religiosi». Arslan lo sa per vicenda personale, discendente del giovane
armeno che venne a studiare medicina tra Padova e Parigi e si salvò per
la guerra che gli impedì di tornare in Turchia. Ma lo ha appreso anche
attraverso gli studi confluiti in saggi e nel romanzo, tra gli altri,
«La masseria delle allodole» (Rizzoli, 2004), da cui i fratelli Taviani
hanno tratto un omonimo film (2007). Della votazione del Bundestag viene
a conoscenza in traghetto, in Laguna: «Pensi che sto andando all’Isola
degli Armeni (San Lazzaro, concessa nel ‘700 dalla Repubblica di Venezia
a un gruppo di monaci in fuga dalla Grecia, ndr ), che bella notizia,
la aspettavo».
Che rilevanza ha, a distanza di un secolo, la dichiarazione della Camera tedesca?
«È
importante. Il Parlamento europeo ha sancito già tre volte che la
Turchia non può entrare in Europa senza riconoscere il genocidio degli
armeni. Ma non ha il peso che può avere la Commissione Ue, o un
parlamento nazionale. Quello di Berlino in particolare: da 120 anni la
Germania è alleata dell’Impero ottomano e poi di Ankara. All’entrata in
guerra nel 1914, il Reich mandò truppe per riorganizzare l’esercito
ottomano, e siglò accordi commerciali. Sono stati i tedeschi a costruire
la ferrovia Berlino-Bagdad, e operai orripilati da quello che stava
accadendo salvarono armeni spacciandoli per lavoratori lungo i binari».
Il testo contiene anche una condanna del ruolo del Reich in sostegno agli ottomani…
«Già
dopo le importanti parole del Papa (che il 12 aprile 2015 usò
apertamente il termine «genocidio» per gli armeni, «il primo del XX
secolo», ndr ) il presidente tedesco ne aveva parlato. Ma temevo ci
potessero essere intralci tecnici, invece il testo è passato in aula,
nonostante le recenti mosse della cancelliera Angela Merkel favorevoli
alla Turchia».
Dopo tanto tempo, non è solo un riconoscimento formale?
«È
un riconoscimento formale certo, ma la stessa reazione furibonda dei
turchi fa capire che è importante. Un segnale forte. Negare il genocidio
è un esercizio solo di ossessione. Il 98 per cento degli storici
concorda. Dai diari del diplomatico americano Henry Morgenthau,
ambasciatore a Costantinopoli tra il 1913 al 1916 (tradotti da Guerini e
associati); alle testimonianze di ebrei che osservavano con attenzione e
preoccupazione quello che stava accadendo perché temevano potesse
succedere anche a loro (nel volume «Pro Armenia», Giuntina). Il termine
stesso, genocidio, è stato coniato dall’avvocato ebreo polacco Raphael
Lemkin, che negli anni Venti, in anticipo sull’Olocausto dunque, aveva
cominciato a studiare i massacri della popolazione armena, il primo
genocidio del secolo».