Corriere 2.6.16
Lo scontro Cei-esecutivo attraversa anche la Chiesa
di Massimo Franco
Per
Palazzo Chigi, i contrasti che stanno emergendo tra la Chiesa cattolica
e il Viminale in tema di immigrazione, possono diventare un’altra spina
nel fianco: sia per il momento in cui si manifestano, sia per il
profilo dei due interlocutori. Matteo Renzi si è sforzato di attenuare
l’impatto che i naufraghi nel Mediterraneo hanno sull’opinione pubblica;
di liquidare l’allarme come strumentalizzazione elettorale. Lo scontro
tra il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, e il ministro
dell’Interno Angelino Alfano ripropone invece la questione.
La
divergenza dipende certamente dal ruolo differente che un sacerdote e un
politico rivestono. E dire, come Galantino, che bisogna accogliere
tutti gli immigrati, è la traduzione di quanto sostiene da sempre papa
Francesco. Ma per un governo che ha a che fare con un’emergenza
strutturale, e destinata a aggravarsi, il criterio non può essere lo
stesso. La divergenza è insieme culturale e politica. In più,
probabilmente non attraversa soltanto la società italiana, ma gli stessi
vescovi e il mondo cattolico. C’è da chiedersi quanti oggi, nel nostro
Paese, siano pronti a assecondare la linea di Galantino.
Gli
insulti della Lega sia al segretario della Cei, definito «complice degli
scafisti», sia a Alfano, non vanno sopravvalutati ma neppure liquidati
con un’alzata di spalle. Confermano la frattura tra il papato di
Francesco, e un centrodestra egemonizzato da una forza che sfrutta il
disagio e i timori di grande parte della popolazione: una forza xenofoba
che cerca di tirare dalla sua parte elettori che spesso xenofobi non
sono. Ma polemizzando con la Chiesa evocando lo Ior, la «banca
vaticana», e il contributo dell’otto per mille, chiedendo che vengano
usati per l’accoglienza dei migranti, il Carroccio sa di toccare un
tasto sensibile. D’altronde, la polemica arriva al momento opportuno,
mentre il mito americano della Lega, il repubblicano Donald Trump, fa
sapere di non avere voluto incontrare Matteo Salvini nel recente viaggio
negli Usa: nonostante una foto li ritragga insieme. Spiazzato, Salvini è
costretto a dire: «Non lo considero un voltafaccia, ognuno fa la sua
campagna». D’altronde, c’è un forte sentore elettorale anche nelle
bordate tra Cei, Alfano e Lega.
Il ministro dell’Interno sa quanto
lo Stato sia sotto pressione per gli arrivi via mare; e quanto
l’elettorato sia inquieto. Così, dicendo che gli italiani «hanno un
grande cuore ma non possiamo accogliere tutti i migranti», riconosce
l’emergenza. Boccia garbatamente la soluzione di Galantino. E, con
realismo, sembra dire implicitamente allo stesso Renzi che, oltre a
puntare il dito contro la propaganda becera della Lega, occorre dare il
giusto rilievo al problema. Limitarsi a diplomatizzarlo finisce per
farlo percepire come ancora più allarmante di quanto già sia.