Corriere 2.6.16
Gli incerti e le piazze vuote
Tutto è soft, circoscritto
Soprattutto a Roma è difficile organizzare persino una cena
I
segnali ci sono tutti: dal ponte all’indifferenza. Il voto alle
amministrative di domenica 5 giugno dovrà fare i conti con un alto
rischio astensionismo.
di Giannattasio e Menicucci
ROMA
Alla vigilia del voto amministrativo e in attesa del «ponte» più lungo
che ci porterà alle elezioni di domenica, anche Pietro Nenni sarebbe
costretto a cambiare il suo slogan. Perché a Roma, Milano, Napoli,
Torino, siamo ben oltre il celebre «piazze piene, urne vuote»: il
rischio vero, con l’astensionismo che galoppa, è che ci siano «piazze
vuote e urne vuote».
I segnali ci sono tutti, specie sotto il
Campidoglio, dove lo tsunami di Mafia Capitale, la traumatica fine
dell’esperienza del «marziano» Ignazio Marino, gli scontri nel Pd, la
spaccatura nel centrodestra (fino a poche settimane fa erano ancora
quattro i candidati in campo) producono due effetti: non solo il
possibile «vento» a Cinque Stelle che spingerebbe Virginia Raggi, ma
anche la difficoltà enorme — per tutti i partiti, ma soprattutto per i
dem — di organizzare un evento, un comizio, persino una cena. A Milano,
Napoli e Torino va un po’ meglio, ma le piazze del 2011, la «rivoluzione
arancione» di Giuliano Pisapia e di Luigi de Magistris, i 40 mila di
piazza del Duomo o le adunate a piazza del Plebiscito, sono un ricordo.
Tutto è più soft, più circoscritto. Beppe Grillo diserterà piazza del
Popolo dove chiude la Raggi (con Claudio Santamaria sul palco), Renzi si
è «rinchiuso» ieri sera con Roberto Giachetti all’Auditorium della
Conciliazione, Alfio Marchini si sposta sul litorale di Ostia, Giorgia
Meloni e Stefano Fassina addirittura in periferia.
E, in queste
settimane, trovare qualcuno disposto a partecipare ad eventi di vario
tipo è stata un’impresa, prova ne sia che c’era molta più gente a piazza
di Pietra alla presentazione del libro di Goffredo Bettini, vecchio
«guru» del centrosinistra romano, che in certi comizi in giro per la
città.
Dario Franceschini si è imbufalito per un appuntamento
sulla cultura, in un cinema vicino al Parlamento, andato deserto. Lo
stesso Giachetti, in un’altra occasione, era già in viaggio per Corviale
(periferia estrema) quando lo hanno avvertito: «Non venire, non c’è
nessuno». Il deputato dem Umberto Marroni, su WhatsApp , aveva creato un
gruppo per pubblicizzare l’incontro dal titolo «Una stagione di
riforme», il 31 maggio. Risposta, una sfilza di «ha abbandonato il
gruppo», di proteste («mi avete fatto attaccare i manifesti e non mi
avete neppure trovato il posto di lavoro promesso»), di «non partecipo,
non mi scrivete più». E alla cena da Eataly , a «casa» di Oscar
Farinetti, organizzata dalla civica di «Bobo», via mail era stato
chiesto a tutti i candidati di portare «almeno venti persone»: i
candidati, in tutto, sono circa 350, ma alla cena c’erano appena 150
persone.
Marchini, per evitare i flop, seleziona al massimo gli
appuntamenti: poche (e mirate) manifestazioni, per il resto molto «porta
a porta». Vale anche per Giorgia Meloni, che dopo il «lancio» della sua
campagna elettorale sulla terrazza del Pincio torna domani a Tor Bella
Monaca.
Non va molto meglio a Milano con Sala e Parisi che hanno
scelto chiusure «minimal»: Parisi sarà a piazza Gae Aulenti, mentre Sala
dalla Darsena dovrà spostarsi «causa maltempo» in un luogo chiuso. Ma
anche qui conta il clima generale. All’Alcatraz, per il concerto della
«Sinistra per Milano» con Vecchioni, Morgan e Rocco Tanica c’erano 300
spettatori. E l’8 maggio, quando Silvio Berlusconi era al Teatro
Manzoni, dopo un po’ la gente ha cominciato ad andarsene: «C’è la festa
della mamma». Scena simile è capitata a Maria Elena Boschi, alla
Stazione Marittima di Napoli: a causa dei ritardi sul programma, i due
pullman organizzati sono andati via proprio quando la ministra stava
iniziando il suo discorso, lasciando Boschi con la sala semivuota. Un
po’ meglio va a de Magistris, che tra cantanti (vedi Bennato ed altri),
artisti, militanti, le sue uscite da capopolo (vedi quella su Renzi)
riesce a «smuovere» un po’ di più le folle, ma anche a Napoli si tratta
più di microeventi, qualche salotto buono, sale ristrette. E i Cinque
Stelle? Anche per loro l’aria pare un po’ cambiata rispetto al passato. A
Torino, per Luigi Di Maio, complice la pioggia, non c’era il pienone.
Stessa cosa a Roma, quando la Raggi ha presentato i suoi candidati a
Cinecittà, nella piazza del funerale di Vittorio Casamonica. Anche per
l’attesa dei risultati la scelta di Virginia è molto «privata»: dentro
M5s circola voce che, domenica sera, ci sarà una cena a casa di Di Maio
oppure di Di Battista. E poi tutti al comitato elettorale della favorita
alle elezioni romane, in un semplicissimo ufficio in zona Ostiense .