Corriere 2.6.16
Valls
«Non è più la Francia di Zidane? Riformerò la sinistra governando. Sul lavoro non torno indietro»
di Stefano Montefiori
PARIGI
Nelle ultime settimane i media di tutto il mondo hanno mostrato una
Francia nel caos, tra incidenti di piazza, scioperi di treni e aerei,
distributori a secco. Il premier vuole correggere un’immagine «severa,
un po’ da caricatura» del suo Paese: offre caffé, madeleine e brownie —
che non toccherà — alla dozzina di corrispondenti della stampa
internazionale invitati a Matignon, e si presta a un’ora di colloquio.
Ne
uscirà il profilo di una Francia che sta vivendo un momento cruciale:
tra pochi giorni il Paese ospita gli Europei di calcio, nel pieno di un
conflitto sociale molto duro e sotto la minaccia terroristica dell’Isis.
Ma i dati dell’economia, dice Valls, sono positivi. Se tutto filasse
liscio, superato questa fase di difficoltà, la Francia potrebbe
conoscere una svolta.
Come nel 1998, quando ospitò la Coppa del
Mondo e la vinse? «Oggi la situazione sociale e politica è più dura. Ma
la vigilia fu attraversata dalle stesse polemiche, anche sportive».
La
vittoria segnò poi il trionfo della nazionale black blanc beur ,
simbolo della Francia multietnica. Oggi quel sogno sembra svanito, e in
Francia si discute del caso Benzema, l’attaccante che ha invocato il
razzismo (è musulmano di origine algerina) per protestare contro la sua
esclusione dalla squadra. «Le frasi di Benzema sono ingiuste — dice
Valls—, attenzione al comunitarismo».
Quanto è cambiata la Francia
rispetto ai giorni del trionfo dei Zidane, Deschamps, Thuram? «In
realtà anche allora si viveva un momento di incertezza — dice Valls —.
Un anno prima c’era stata la crisi politica e lo scioglimento
dell’Assemblea, si discuteva dei criteri per entrare nell’euro, c’erano
indicatori economici incoraggianti ma anche ondate di scioperi, per
esempio di Air France. La vittoria al mondiale fu una svolta. Non
sopravvalutiamo il calcio, l’aspetto importante fu la diminuzione della
disoccupazione. Ma anche oggi abbiamo una crescita migliore del
previsto, 0,6% invece di 0,5% nel primo trimestre, e 70 mila disoccupati
in meno dall’inizio dell’anno. La fiducia delle famiglie sta tornando.
Un successo degli europei, magari una vittoria della Francia, potrebbe
aiutare a dare uno slancio». Valls si leva la giacca, si avvicina ai
giornalisti. Come sempre appare pronto a scattare, anche alle battute.
Sulla sua alimentazione senza glutine dice che funziona, «e lo prova un
testimonial come Novak Djokovic, il miglior tennista del Roland Garros»,
ma riprende subito a parlare di scioperi e legge El Khomri.
Per
due volte recrimina, sia pure en passant , sulla grande attenzione dei
media per tutto ciò che accade in Francia: «Quando in Germania ci sono
settimane di scioperi nei treni non se ne parla così tanto»; «Ci sono
stati incidenti di piazza a Barcellona e la polizia lì si che è
intervenuta duramente», ma sono le immagini delle auto date alle fiamme
in Francia che fanno il giro del mondo. Valls sembra darsi da solo la
risposta: «La Francia è un Paese straordinario», dice. «Contiamo sul
piano diplomatico, domani sera ancora incontrerò Tsipras, dopo il ruolo
che abbiamo avuto per tenere la Grecia nell’euro; e chi in Europa è
capace di una simile proiezione militare, chi può essere presente dal
Mali alla Siria? Chi ha una cultura e una lingua che continuano a
progredire grazie alla francofonia, restando comunque la quinta o sesta
economia del mondo? Sono fiero di essere il primo ministro di questo
Paese. A 18 anni ho preso due decisioni: diventare francese (avevo la
cittadinanza spagnola) e iscrivermi al partito socialista. Non avrei mai
immaginato che sarei diventato premier».
Nei prossimi giorni si
vedrà se le proteste contro la riforma del lavoro continueranno. Valls
spera nel ritorno alla calma, puntando sulla determinazione: «Alcuni
aspetti della riforma si possono ritoccare, ma non il suo spirito né
l’articolo 2, che stabilisce il primato degli accordi di impresa su
quelli di categoria. Su questo non torno indietro, e i miei
interlocutori sindacali lo sanno. Dobbiamo ricostruire la sinistra
mentre siamo al governo, questa è la sfida. Basta con le accuse di
tradimento degli ideali, bisogna rivendicare le nostre scelte
riformiste. I francesi amano la rivoluzione, ma bisogna creare le
condizioni del compromesso».
Geloso del successo dell’altro
riformista liberale del governo, il giovane ministro dell’Economia
Emmanuel Macron? «Niente affatto, siamo sulla stessa linea, ed è fatale
che io sia più impopolare. Il presidente e il premier sono i
responsabili dell’esecutivo, si attirano tutte le critiche. Ma io non
guardo i sondaggi. Ho imparato a prendere gli attacchi con un certo
distacco , altrimenti si soffre. E io non sono il tipo a cui piace
soffrire».