mercoledì 29 giugno 2016

Corriere 29.6.16
Vendola in Puglia con il figlio e quell’idea di una sorellina
L’ex governatore ha festeggiato i 4 mesi del bambino con il compagno Ed
di Fabrizio Caccia

RUVO DI PUGLIA (Bari) Per star lontani dai paparazzi, evitare la folla dei curiosi e dei morbosi e viversi in pace questi primi giorni italiani di pura felicità, Nichi Vendola, il compagno canadese Ed Testa e il loro figlioletto Tobia Antonio, nato il 27 febbraio di quest’anno a Sacramento, California, grazie alla tecnica della maternità surrogata, hanno scelto di stare in un bel residence posto sui primi leggeri declivi della Murgia, a 400 metri di altezza, con sette palme e una piscina in giardino, circondati solo dall’amore di amici e parenti.
Qui sono tutti pazzi per Tobia Antonio. La zia Rosaria ieri gli ha grattugiato la prima fettina di mela, e mentre papà Nichi lo imboccava col cucchiaino, lo zio Vincenzo, il marito di Rosaria, l’oculista di Ruvo di Puglia, fratello dell’ex governatore, scattava foto a ripetizione col suo smartphone. E adesso, nel suo studio, ecco che se le guarda e riguarda. «Ma lo sa quanto pesa? — racconta in estasi —. Pesa già otto chili e infatti lo teniamo in braccio un po’ per uno perché ci vuole forza. È un bambino alto e ha una fame da lupo, è un vero americano, chissà quanti hamburger mangerà da grande». Lunedì sera, in casa dello zio oculista, c’è stata una piccola festa perché Tobia Antonio ha compiuto i suoi primi 4 mesi e Nichi, davanti a Ed, a Vincenzo e sua moglie, a sua sorella Patrizia ha detto a un certo punto una cosa bellissima e inaspettata: «Ora per Tobia ci vorrebbe una sorellina». Ha detto così Nichi — racconta il fratello Vincenzo — e non sembrava per nulla una battuta detta a caso. C’era dentro amore, tanto amore, ancora da dare. Ieri mattina, il presidente di Sel e Ed (38 anni, doppio passaporto canadese e italiano e padre biologico del bimbo) hanno portato il piccolo per una visita di controllo al Policlinico di Bari, dal dottor Nicola Laforgia, il direttore della Neonatologia. Così si son messi a parlare del padre del dottore, Pietro Laforgia, sindaco di Bari nel ’93. Sul suo futuro politico, sempre alla festa di lunedì sera, Vendola è stato chiaro: «Io adesso voglio stare defilato, la mia vita è cambiata, non m’interessano ruoli di responsabilità, quelli oggi spettano a Fratoianni, a Scotto...». Piuttosto, durante la visita al Policlinico lo ha ferito qualche battuta volgare ascoltata in corsia, sopraffatta però per fortuna da tanti gesti d’affetto, abbracci calorosi, baci d’auguri. Per questo motivo, dice il fratello Vincenzo, Ed vorrebbe lasciare l’Italia e certi suoi primitivismi. Di certo, ora che a Terlizzi, il paese natale, non c’è più mamma Antonietta ad aspettarlo, morta a dicembre, Nichi sembra deciso a vendere la dimora del centro storico: «È una specie di torre. Non è adatta a un bambino piccolo. A Roma invece abbiamo ristrutturato la casa a due passi da Campo de’ Fiori, ora c’è anche la stanza per Tobia, per ora vivremo là».
Due sono le cose che in questo momento più gli danno fiducia per continuare a vivere in Italia: l’ultima sentenza della Cassazione di una settimana fa, che ha detto sì alla stepchild adoption in casi particolari (Vendola per ora è solo tutore di Tobia, ma ne chiederà l’adozione) e la figura di Francesco, il papa che ha appena chiesto perdono ai gay. È a lui che s’è ispirato, Nichi, scrivendo il suo ultimo libro, «Vestire gli ignudi, seppellire i morti». Parla di misericordia, liberazione, dignità, accoglienza. È un libro che parla d’amore.