Corriere 29.6.16
Renzi, il referendum e il (presunto) dietrofront
di Maria Teresa Meli
Più
che del «dopo Brexit», a Montecitorio si discute del «dopo referendum».
E si affaccia l’ipotesi di una clamorosa marcia indietro di Matteo
Renzi, il quale, stando ai boatos , potrebbe non dimettersi più in caso
di sconfitta dei «Sì». Sempre secondo lo stesso tam tam, anche Sergio
Mattarella sarebbe contrario all’uscita di scena traumatica del premier,
preoccupato per la legge di Stabilità. Ma le voci che si rincorrono non
trovano nessuna conferma presso il diretto interessato. Anzi. «Non
farei nemmeno morto una cosa del genere», spiega Renzi ai collaboratori.
E aggiunge: «Io sono una persona seria, se dico una cosa la faccio.
Eppoi che senso avrebbe restare in caso di vittoria dei “No”? Dovrei
rimanere lì indebolito per farmi logorare e aspettare il momento in cui
mi tolgono di torno?». Sostengono i renziani che la voce non è del tutto
destituita di fondamento. Nel senso che c’è effettivamente chi ha
ipotizzato la permanenza del premier anche in caso di sconfitta: Dario
Franceschini. Sarebbe il ministro dei Beni culturali, in questi giorni
sospettato di volersi defilare, abbandonare il «carro renziano», a
propugnare questa tesi. Ne avrebbe parlato anche con Renzi. Il quale
però, non ha mutato opinione: «Al referendum di ottobre ce la possiamo
fare nonostante la vittoria dei 5 Stelle alle Amministrative. Loro sono
andati bene perché sono apparsi più innovatori di noi: sta a noi
dimostrare il contrario». Insomma, il premier rifiuta «piani B». E si
prepara a una campagna referendaria in grande stile. «Dobbiamo
recuperare gli “esclusi”: quelli che alle Amministrative hanno scelto i
grillini, predisponendo anche dei provvedimenti ad hoc», spiegano al
quartier generale renziano.