Corriere 24.6.16
«Pronti a non votare più le fiducie» L’avvertimento della sinistra dem
E Orfini replica all’attacco di Madia: la sua riforma ci ha fatto perdere tanti voti
di Monica Guerzoni
ROMA
L’immagine di Lorenzo Guerini che lascia il suo posto in prima fila —
proprio quando dalla platea della minoranza scatta l’ultimo applauso per
Roberto Speranza — fotografa la spaccatura tra la sinistra e l’universo
renziano. Un solco che la batosta alle Comunali ha reso più profondo, a
dispetto degli appelli a ritrovare il senso di comunità. L’ultimo lo ha
lanciato Vasco Errani, acclamato come un leader dopo l’assoluzione:
«Riconosco che il segretario è Renzi e non ho rancori o vendette da
prendermi. Se salta il Pd, salta un processo storico e salta il Paese».
La
resa dei conti ha accenti soft e contenuti forti. Nel giorno in cui
Marianna Madia chiede le dimissioni di Matteo Orfini da commissario
romano, scatenando la prima rissa interna tra i renziani di governo e
quelli di partito, Speranza riunisce i suoi per preparare la direzione.
Il discorso con cui lo sfidante invoca una «svolta laburista» per
continuare a sostenere l’esecutivo, ribalta il tavolo delle riforme e
disegna una nuova agenda di governo.
Una «svolta sociale», che
metta al centro povertà, equità e ridistribuzione. L’applauso più forte,
tra i 200 stipati all’ultimo piano del Nazareno, scatta quando l’ex
capogruppo annuncia uno strappo senza precedenti. «Su temi come lavoro,
scuola, welfare, sanità e tassa sulla casa non si può più sbagliare —
ammonisce il deputato che Bersani vorrebbe segretario —. Non siamo più
disponibili, non c’è più voto di fiducia che tenga». La scuola?
«Riscopriamo l’umiltà dell’ascolto». Le tasse? «Torniamo alla
progressività della Costituzione, anche se è parola poco smart in tv».
E
via così, in un crescendo che fa a pezzi le politiche di Renzi, dalle
pensioni ai voucher, dalla sanità al lavoro: «Basta dare calci ai
sindacati», basta «Pd megafono di Palazzo Chigi», basta «alleanze
improprie» con Verdini e basta con il doppio incarico di Renzi. E le
trivelle? «Dovevamo metterci in sintonia con i 16 milioni che sono
andati a votare, invece di fare a cazzotti con l’arroganza del “ciaone”
», attacca rivolto a Ernesto Carbone. E se i renziani sospettano che la
sinistra sia a caccia di posti, lui giura che l’unico obiettivo è
correggere la rotta: «Abbiamo lasciato poltrone importanti e non ci
interessano i posti».
Arriva Bersani da Bruxelles, dove ha
rilanciato «i fondamentali della sinistra». L’abbraccio con Errani, poi
l’ex presidente dell’Emilia-Romagna prende la parola dopo tanto tempo.
Dice che il voto «non può non aprire una pagina nuova nel Pd», derubrica
le voci sulla nuova segreteria a un «gioco con le figurine Panini» e
implora tutti di togliersi di dosso le «magliette delle componenti».
Nessuno chiede le dimissioni di nessuno, va avanti Errani, che sta bene
in minoranza purché non si provi a cacciarlo «nell’angolo dei
sabotatori». Il resto degli applausi li incassa il consigliere regionale
Riccardo Agostini, quando soffia sul fuoco del no al referendum che
monta negli animi della minoranza: «Vedo complicato dire di sì a quella
roba là». E giù ovazioni.
Sui cieli del Nazareno picchia un sole
torrido, che rende l’aria irrespirabile. Guerini risponde duro a Madia:
«Sbagliato chiedere le dimissioni di Orfini. Consiglierei a tutti più
sobrietà». E cita Alda Merini: «Mi piace chi sceglie con cura le parole
da non dire...». Orfini sceglierà con cura quelle da dire oggi in
direzione e intanto confida: «Madia non è la persona più titolata a
parlare, viste le migliaia di voti che ci ha fatto perdere a Roma tra i
dipendenti pubblici».
La sconfitta ha squarciato il velo
dell’unanimismo che teneva uniti i renziani. E se Richetti avverte che
«i cerchi magici hanno già rovinato Bossi e Berlusconi», Giachetti
smentisce di aver mai chiesto la testa di Orfini. Sulla terrazza del
Nazareno il bersaniano Nico Stumpo soppesa gli «appetiti» che hanno
scatenato le tensioni tra i renziani, ed Enzo Lattuca, il più giovane
deputato pd, incassa lodi per la mail al «caro segretario» sul Pd: «Mai
così tante correnti e una così spietata spartizione di potere e
poltrone, che tu hai alimentato».