Corriere 24.6.16
Tensioni al Senato dopo le urne Verdiniani e centristi votano con FI
Governo sotto sul ddl terrorismo. Ap e Ala: nessun fatto politico, solo dialettica
di Tommaso Labate
ROMA
« Questa legislatura è nata con 101 franchi tiratori. E ora inizia a
scricchiolare grazie a 102 senatori col volto coperto». A metà
mattinata, nel corridoio di Palazzo Madama che porta alle stanze in uso
al gruppo del Movimento Cinquestelle, c’è chi idealmente alza i calici
verso il cielo. E sono le stesse scene che, a poche decine di metri di
distanza, si vivono tra gli esponenti di Forza Italia.
Il «fronte
del No» al referendum esulta per il primo incidente parlamentare post
Amministrative del «fronte del Sì». Che si materializza apparentemente
per caso quando il gruppo di Denis Verdini, insieme a nove senatori del
Nuovo centrodestra, manda giù l’esecutivo in una delle votazioni sul ddl
antiterrorismo.
A scardinare la maggioranza provvede un
emendamento firmato dai forzisti Giacomo Caliendo e Francesco Nitto
Palma, che alza da un massimo di dodici a un «minimo di quindici anni»
le pene per l’utilizzo di ordigni nucleari, e che viene approvato con
102 voti favorevoli. L’avvertimento dei verdiniani ai renziani era
arrivato negli ultimi giorni, con gli uomini più vicini al senatore
toscano che si presentano ai vertici del gruppo pd per segnalare che
«senza di noi andate sotto».
Ma oltre l’apparenza c’è molto di
più. Nonostante la tranquillità ostentata coi suoi da Angelino Alfano
(«Nessun fatto politico», segnala Renato Schifani), e nonostante i
verdiniani si affrettino a derubricare il dossier a «normale dialettica
parlamentare», dietro le quinte della maggioranza si respira un clima di
inquietudine. Lo stesso che Brunetta e i Cinquestelle traducono facendo
ricorso al medesimo vocabolario.
«Governo battuto in Aula al
Senato su un emendamento di Forza Italia. Ala e parte di Ncd votano con
opposizione? Primo pizzino di Verdini a Renzi?», scrive il capogruppo
forzista in una nota. Identico canovaccio seguito dal profilo Twitter
ufficiale del Movimento Cinquestelle. «Di fronte ai pizzini di Verdini,
il presidente del Consiglio sta zitto».
Dentro Ala, infatti, lo
scontro tra Verdini stesso e un pezzo del gruppo parlamentare (rimasto
negli ultimi giorni anche orfano del tandem composto da Sandro Bondi e
Manuela Repetti) sta salendo sopra il livello di guardia. I parlamentari
malpancisti, tra cui molti campani, temono che l’esito delle elezioni
amministrative spinga Renzi e i suoi a marcare le distanze dal senatore
toscano, soprattutto nell’ottica della campagna per il referendum.
E
vogliono garanzie. Diverso il discorso nella fazione del gruppo
alfaniano che preme per prendere le distanze da Renzi e spera nel
biglietto di ritorno verso Forza Italia.
L’«operazione figliol
prodigo», per i berlusconiani, si può fare. Ma a una sola condizione,
che Brunetta mette nero su bianco: «Certo che offriamo biglietti di
ritorno a chi ci aveva mollati e ora spera di tornare con noi»,
scandisce il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. «Ma su quel
biglietto», scandisce, «c’è scritto “No al referendum”. Altrimenti
l’obliteratrice lo sputa fuori e il controllore ti fa scendere dal
tram».
Un messaggio, questo, con cui una parte di senatori di Ncd
comincia già a fare i conti. «Io, per esempio, mica sono sicuro che mi
schiero con il Sì», commentava ieri pomeriggio con alcuni colleghi
Roberto Formigoni. Per l’ex governatore lombardo, «o Renzi ci coinvolge
tutti nell’azione di governo e della maggioranza e cambia l’Italicum
oppure, per quanto mi riguarda, il referendum può andare a perderlo da
solo». Una spia, l’ennesima, di come l’aritmeticamente pericolante Aula
di Palazzo Madama sia pronta a traballare. Sempre di più .