Corriere 23.6.16
Il premier e il duello con la sinistra: no ai caminetti, parliamo alla gente
«Pensiamo a come fare meglio, non alle poltrone». Zingaretti e Rossi, no alla segreteria
di Marco Galluzzo
ROMA
Qualcuno lo chiama bagno di umiltà ed è forse esagerato, ma certamente
il tono della comunicazione del presidente del Consiglio è cambiato dopo
il voto. Ieri, dopo il deludente risultato alle amministrative, Renzi
ha aperto al dialogo con la minoranza del suo partito, consapevole che
deve «ascoltare con attenzione il messaggio» consegnato dagli italiani,
ha parlato in modo diverso anche del referendum sulla riforma
costituzionale: il suo auspicio è che «si discuta del merito».
«Oggi
in molti mi chiedono di ascoltare con attenzione il messaggio di queste
amministrative. Accolgo volentieri il suggerimento. Penso sia utile che
il Pd e il governo cerchino di capire come e dove possiamo fare
meglio», scrive nella consueta E-news. Allo stesso tempo però chiude in
modo netto alle discussioni su un cambio di passo al vertice del
partito. C’è chi ha suggerito di allargare la segreteria, di inserire
nomi nuovi (ieri hanno escluso un loro coinvolgimento sia Nicola
Zingaretti che il governatore della Toscana, Enrico Rossi), chi ha
proposto la creazione di un ufficio politico (sempre Rossi). Renzi
sembra chiudere al cambiamento, almeno nel breve periodo: ascoltare di
più minoranza interna o cittadini, aprirsi in modo diverso al
territorio, «non significa però che questa discussione — seria e bella
come tutte le discussioni vere — possa essere rimpiazzata dalla classica
polemica sulle poltrone in segreteria o sul desiderio delle correnti di
tornare a guidare il partito».
Semmai, dice ancora Renzi,
«parliamo, certo: ma con gli italiani e degli italiani, ma non dei
nostri equilibri congressuali. Il Pd deve caratterizzarsi per le cose
che propone, non per le proprie divisioni interne. Possiamo parlare di
crescita e di diseguaglianze, di diritti civili e terzo settore, di
stabilità istituzionale e lavori a tempo indeterminato, di tassazione e
di energie rinnovabili, di innovazione e merito nella pubblica
amministrazione, di immigrazione e flessibilità europea. Non di
spartizioni interne alle correnti come avveniva in passato». Il premier
ci tiene a sottolineare che Palazzo Chigi lavorerà con tutti i sindaci
«come è logico e ovvio, con lealtà e collaborazione istituzionale».
Mentre
sul referendum sulle modifiche alla Costituzione, il messaggio è
volutamente meno personalizzato, un appello a chiunque abbia voglia di
impregnarsi: «Continua sul sito “bastaunsi.it” la raccolta di
disponibilità per fare del referendum un grande momento di confronto
democratico sul merito di una riforma, che è fondamentale, l’unico modo
perché l’Italia sia capace di produrre cambiamento, e non solo
rincorrerlo, è avere istituzioni più semplici. Più efficaci. Più sobrie e
giuste. Senza questa riforma, torneremmo all’ingovernabilità. Agli
inciuci del giorno dopo». Intanto Maurizio Lupi per Ap ribadisce quanto
aveva già detto Angelino Alfano: «Con il referendum finisce la natura
istituzionale del governo e quindi occorrerà un tagliando per verificare
se esistono condizioni politiche per proseguire la collaborazione
nell’esecutivo».